Cento mani strette l’una nell’altra in una catena umana, per dire ‘No’ all’Asp unica. Non si arresta la lotta delle maestre delle scuole dell’infanzia di Bologna, ancora in piazza per protestare contro il progetto, avviato dal Comune, che vorrebbe inserire i servizi educativi, oggi gestiti direttamente dall’amministrazione cittadina, all’interno di un ente “pubblico a responsabilità partecipata”. Una Asp, azienda pubblica di servizi alla persona, creata appositamente per contenere il comparto educativo 0 – 6 e gestita per il 97% a partecipazione comunale, per il 2% dalla Fondazione Carisbo e per l’1% dalla Provincia. Un passaggio che dovrebbe avvenire già dall’autunno, con l’inizio dell’anno scolastico, anche se tempi e modalità sono in fase di trattativa.

Dopo i fischi al sindaco Virginio Merola, all’assessore alla Sanità Luca Rizzo Nervo e a quello alla Scuola, Marilena Pillati, nonché contro i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, seduti al tavolo per definire i dettagli di un’operazione “necessaria per contrastare un precariato che come a Bologna non c’è da nessun’altra parte” e per “tutelare un bene, quello legato all’istruzione, che va salvaguardato e non ceduto, o privatizzato per una questione di bilanci”, per riportare le parole di Rizzo Nervo, le ‘dade’ sono tornate a manifestare. E questa volta hanno scelto di formare una catena umana lunga quasi due chilometri, mano nella mano e legate a una lunga corda con genitori, bambini e cittadini contrari al progetto.

“Io come genitore voglio che la scuola dell’infanzia rimanga comunale – spiega Isabella – che sia a gestione diretta da parte dell’amministrazione, perché non mi da sicurezza la possibilità che passi nelle mani di un ente pubblico che però ragiona come un’azienda. Abbiamo una scuola che è un’eccellenza, dobbiamo lavorare per trovare una alternativa, perché anche quando si affrontano i problemi non ce mai una possibilità sola”. “L’Asp è una soluzione sbagliata – spiega un’educatrice bolognese in ‘servizio’ da 12 anni – se il problema sono le norme allora si può aspettare e trovare una via comune. Ma non è giusto che qualcuno passi all’Asp mentre qualcun altro rimanga sotto il Comune, le maestre sono tutte uguali e tutte lavorano per il benessere dei bambini”.

Le dade si sono date appuntamento ai giardini Lorusso, accanto a loro i volontari di Articolo33, e ordinatamente si sono messe in fila, una dopo l’altra, per legare simbolicamente il parco con il cuore di Bologna, piazza Maggiore, davanti a Palazzo D’Accursio, dove si stava svolgendo un altro incontro per discutere il passaggio all’Asp. Iter che, in seguito alle tensioni generate dall’iniziativa, che hanno visto scendere in piazza, a più riprese, centinaia di ‘dade’, potrebbe forse slittare al 2014.

Ma nemmeno la exit strategy “del buon senso”, formulata il 7 giugno scorso proprio a margine di una riunione con i sindacati, favorevoli perché, spiega Loredana Costa della Uil, “non ci sono i tempi per partire da settembre”, seppur affiancata dalla prospettiva di nuove assunzioni, convince però l’Usb, promotrice di molte delle manifestazioni messe in atto da maggio a oggi, compresa la catena umana.

“Facciamo un esempio – spiega una dada – l’anno scorso io ero insegnante comunale e avevo a disposizione un monte di 70 ore. Quest’anno sono precaria dell’Asp Irides e ne ho solo 40. Purtroppo questa differenza incide sulla qualità dell’educazione, della scuola, perché con la mia classe non posso iscrivermi ad alcuni progetti o uscite didattiche non avevendo abbastanza ore a disposizione. Stessa cosa accadrà per le precarie che entreranno nella nuova Asp. Questo non è accettabile”. “Molte maestre oggi ricorrono alla funzione docente, cioè lavorano ore che non sono loro riconosciute, né pagate, perché vogliono farlo, per i bimbi – spiega un’altra dada – ma se ci tratteranno in questo modo, nessuna di noi vorrà più farlo. Perché ci prendono in giro, ci sentiamo ingannate”.

Il progetto, del resto, non è gradito a tutto il Consiglio Comunale. Non piace a Sinistra Ecologia e Libertà che sul tema, così come accadde in merito al referendum per i finanziamenti pubblici alle scuole paritarie private, si è distanziato dalla maggioranza comunale, spiegando che “la gestione diretta è possibile, se si intraprende una battaglia comune”. Né, tantomeno, persuade il Movimento 5 Stelle, che sin dalle prime battaglie si è schierato al fianco delle maestre. “Credo che non si debba cedere – spiega Massimo Bugani, consigliere comunale a 5 stelle – le maestre lottano per salvaguardare non solo i propri diritti, ma anche il proprio lavoro, in un settore tradizionalmente considerato fiore all’occhiello di Bologna. Spero vengano ascoltate dalla politica e dai sindacati, che dovrebbero rappresentare i lavoratori”.

Altrettanto poco convincente, per il fronte dei contrari, è la spiegazione che la giunta ha più volte ribadito in calce al progetto Asp, che prima doveva essere un’entità unica, racchiudendo al suo interno tutta la categoria dei servizi alla persona, e che solo successivamente è stata ipotizzata come soggetto separato, individuando un’Asp per i cittadini, e una per il comparto educativo: “Con la situazione attuale, e a causa del patto di stabilità, il Comune non può assumere insegnanti” aveva detto Rizzo Nervo . “Nell’aria c’è la possibilità che il patto venga sbloccato – spiega Bugani – dunque non vedo la necessità di usare tutta questa fretta”. “Se il patto non va bene, allora è quello che va cambiato” ribadiscono anche le dade che, ricevute dal sindaco pochi giorni fa, su questo e su altri punti l’avevano fischiato, al grido “vergogna, voi volete dismettere la scuola pubblica”.

“Il progetto non va solo modificato, deve essere sospeso – spiega Vilma Fabbiani di Usb davanti a Palazzo d’Accursio, che per il 14 giugno ha già indetto un altro sciopero – almeno finché non ci sarà una nuova legge sull’Asp”.

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