La lotta, almeno in questo caso, sembra pagare. I 15 facchini, tra cui 11 donne di cui una incinta, che erano stati licenziati dalla cooperativa LogiMa di Firenze il 15 aprile scorso, sono stati reintegrati grazie a un accordo siglato tra proprietà e il sindacato Cobas. L’azienda toscana gestisce un magazzino all’Interporto di Bologna, sede delle proteste dei facchini di questi mesi, e lo fa per conto della Gsi, la Grandi salumifici italiani, colosso emiliano del settore insaccati, appartenente a Legacoop.

Il reintegro arriva a pochi giorni dalla grande manifestazione di Bologna quando centinaia di addetti del settore da tutta Italia si sono ritrovati nel capoluogo per un corteo pacifico. Si protestava contro il licenziamento di altri 41 colleghi, sempre in città, da parte di diverse coop che, in un’infinita catena di appalti e subappalti, gestiscono la logistica delle merci per le grandi coop emiliane, prima tra tutte, Granarolo.

La notizia del reintegro dei 15 alla LogiMa sembra dare speranza al movimento, formato in gran parte da lavoratori stranieri. I Cobas non perdono l’occasione per attaccare i sindacati confederali, accusati di essere troppo morbidi con le cooperative rosse di Legacoop di cui fanno parte sia la Gsi, sia la Granarolo. “Denunciamo la complicità di Cgil Cisl Uil del settore logistica”, spiegano in un comunicato i sindacalisti di Conf. Cobas Bologna, “come al solito hanno firmato un accordo il 16 aprile 2013 per i 15 licenziamenti, senza un’ora di sciopero, abbandonando poi le licenziate al loro destino”.

Granarolo annuncia taglio dei subappalti. Intanto i facchini conseguono anche un’altra piccola vittoria nella vicenda delle 41 persone lasciate a casa, colpevoli di aver protestato con blocchi davanti alle aziende per segnalare le condizioni di lavoro e le paghe basse, dovute tra l’altro a una trattenuta del 35 % . Tra i 41 ci sono 32 dipendenti licenziati da tre cooperative che lavorano per conto della Granarolo. Ora è la stessa Granarolo, colosso del latte da un miliardo di euro di fatturato l’anno, preoccupata per la cattiva pubblicità dovuta ai continui scioperi, ad annunciare che il subappalto alle tre coop sarà revocato. I lavoratori ‘superstiti’ passeranno direttamente alla Ctl, la cooperativa rossa che gestisce lo stabilimento all’Interporto. Verrà applicato il contratto nazionale, assicura Granarolo, con il taglio di una parte della catena di appalti e subappalti.

I 32 facchini licenziati invece rimarranno fuori e Granarolo, azienda che presto potrebbe tentare il salto in Borsa (e il cui presidente Gianpiero Calzolari è anche presidente di Legacoop Bologna), non sembra avere intenzione di farli riassumere: “Abbiamo avuto quasi un milione di euro di danni dai blocchi”, spiega Calzolari. Rimangono ancora senza lavoro anche gli altri 9 lavoratori della Cogefrin, che mercoledì hanno di nuovo protestato ai cancelli dell’Interporto di Bologna, diventato negli ultimi mesi snodo non solo delle merci per il nord Italia, ma anche dei malcontenti di chi con il proprio lavoro permette l’arrivo di alimenti e beni di consumo in tutto il Paese. “Continueremo nella lotta”, replicano i lavoratori estromessi.

Intanto, sempre riguardo ai picchetti e ai blocchi delle ultime settimane effettuate dai facchini, la Procura di Bologna indaga per violenza privata dopo le denunce presentate a polizia e carabinieri il 2 maggio e il 7 maggio da Zero04, l’azienda che per conto di Granarolo si occupa della distribuzione.

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