Servirebbe una “specchiata condotta civile e sociale”, ma fondamentali sono un amico prefetto e la smisurata voglia di comparire nell’elenco: parliamo di onorificenze, titoli come Cavaliere del Lavoro, Grande Ufficiale, Commendatore. Quella specchiata condotta dovrebbe essere anche mantenuta, pena la revoca. A volte anche essere indagati può costare caro. Non a tutti, però. La revoca è uno strumento che negli ultimi anni, il presidente Giorgio Napolitano, ha usato spesso e volentieri. Ci sono indegni palesi, come Calisto Tanzi, non più cavaliere a sette anni di distanza dal primo arresto, ma resta Grande Ufficiale della Repubblica l’ex prete Piero Gelmini, condannato nel 1971 per assegni a vuoti, truffa e bancarotta. 4 anni di condanna, pena scontata. Nel 2007 è stato indagato per violenza sessuale e ha lasciato la chiesa. Resta però commendatore della Repubblica italiana.

Oppure Cesare Romiti, nominato cavaliere nel 1978 e condannato nel 2000, da amministratore delegato Fiat per falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti: condanna a 11 mesi e 10 giorni confermata in cassazione. Non è andata così ad Antonio Batani, imprenditore romagnolo, proprietario di alberghi a cinque stelle, come il Grand Hotel di Rimini, che nel-l’estate 2012 si è visto recapitare la raccomandata: “Lei non può fregiarsi più del titolo di Cavaliere al merito”. Ma se Napolitano ha deciso di porre una stretta resta il caos. Cavalieri di Gran Croce, Grandi Ufficiali, Commendatori, Ufficiali e Cavalieri sono i riconoscimenti dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Cavaliere del Lavoro è invece chi si distingue negli ambiti di agricoltura, industria, commercio, artigianato, attività creditizia e assicurativa. Ma negli elenchi, nonostante il giro di vite, continuano a esserci dittatori, pluricondannati, piduisti, faccendieri. Ex presidenti del consiglio, ovviamente, per citare il cavalierato più celebre degli ultimi 20 anni.

Caos, è il termine. Non si capisce come mai Bashar al-Assad, il presidente che sta dissanguando la Siria, sia stato decorato dalla Repubblica Italiana, e ci siano voluti 75 senatori per sollevare il caso.

Chi merita un titolo di grande stima? Secondo il Presidente della Repubblica, sono degni del nome di Cavalieri del Lavoro: Luigi Zunino, imprenditore condannato a 1 anno e 6 mesi per la vicenda Antonveneta; il banchiere Alessandro Profumo, imputato per frode fiscale per quando stava in Unicredit; Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico del Governo Monti, indagato per presunti reati fiscali quando era Amministratore Delegato di Banca Intesa e poi consigliere delegato di Intesa San Paolo; e pure Valentino, stilista di fama internazionale ma caduto anche lui nelle indagini per reati fiscali. Così Sergio Marchionne che come amministratore delegato della Fiat è indagato a Nola per discriminazione dei lavoratori tesserati Fiom. Senza dimenticare quelli che il giornalista Giuseppe Fava definiva “i cavalieri mafiosi dell’apocalisse”, Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Francesco Finocchiaro e Mario Rendo. Imprenditori siciliani assolti dalla giustizia e insigniti del titolo di Cavalieri del Lavoro.

Revoca temporanea rimasta famosa è invece quella di Gaetano Caltagirone: è il presidente Sandro Pertini a intervenire nel 1981 per togliergli il titolo di Cavaliere del Lavoro ricevuto insieme a Pirelli, Agnelli e Berlusconi. “Per indegnità e mancanza degli elevati requisiti morali e professionali” si leggeva nella motivazione e il riferimento era allo scandalo Italcasse. Caltagirone è assolto nel 1988 con formula piena, ma deve aspettare il 2009 e l’arrivo di Giorgio Napolitano alla presidenza per riottenere il tanto ambito titolo.

Una lunga lista di nomi dell’imprenditoria italiana, dove i successi si accavallano alle indagini, senza che il titolo al merito venga mai messo in discussione. E Batani a Rimini resta una delle poche eccezioni. Sono infatti Cavalieri di Gran Croce: Gianni Letta, indagato nel 2008 per abuso d’ufficio, turbativa d’asta e truffa aggravata; Adelfio Elio Cardinale, sottosegretario alla salute nel governo Monti e indagato per truffa, falso ideologico e usurpazioni di funzioni pubbliche; Guido Bertolaso, ex capo della protezione civile e indagato tra le altre cose per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose nell’ambito del processo alla commissione Grandi Rischi per il terremoto dell’Aquila; Massimo Ponzellini, ex presidente Bpm arrestato un anno fa per finanziamento illecito ai partiti; e poi Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, coinvolto nelle indagini per abuso d’ufficio in seguito alle pressioni esercitate per sospendere “Annozero” nel 2009. Per non dimenticare Duilio Poggiolini, conosciuto come il boss della malasanità, dal 1977 medaglia d’oro al merito della sanità italiana e Grande Ufficiale della Repubblica.

Per trovare gli scheletri nell’armadio delle onorificenze italiane sarebbe bastato andare a rovistare tra i morti, tra quei cavalieri e ufficiali a cui, dicono, non è opportuno andare a ritirare titoli. Dai coniugi Ceausescu, dittatori della Romania e Cavalieri di Gran Croce insieme al Maresciallo Tito e a Mobutu Sese Seko, dittatore del Congo. Oppure semplicemente scorrere la lista che da Giovanni De Lorenzo, il golpista del “Piano Solo”, arriva fino a Umberto Ortolani, braccio destro di Licio Gelli nella loggia P2. Ma non è stato necessario.

Da Il Fatto Quotidiano del 03 giugno 2013

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