Il terremoto dell’Aquila che ha portato al crollo tra gli altri della Casa dello studente (dove morirono 8 ragazzi) “non era affatto imprevedibile”. Lo sottolinea il giudice del tribunale dell’Aquila Giuseppe Grieco nelle motivazioni sulla sentenza di condanna di 4 imputati e assoluzione di altrettanti, depositate oggi. Il gup del tribunale dell’Aquila aveva condannato a 4 anni Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, tecnici autori dei lavori di restauro del 2000, che, secondo l’accusa, avrebbero ulteriormente indebolito il palazzo, che già presentava vizi costruttivi all’epoca della sua edificazione negli anni Sessanta. Due anni e mezzo sono stati inflitti a Pietro Sebastiani, tecnico dell’Azienda per il diritto agli studi universitari (la Adsu). Furono invece assolti 4 imputati mentre fu pronunciata sentenza di non luogo a procedere per altri due. 

Sulla scorta delle indicazioni tecniche, per Grieco il sisma poteva essere previsto “essendosi verificato in quello che viene definito periodo di ritorno, vale a dire nel lasso temporale di ripetizione di eventi previsto per l’area aquilana”. Periodo che, scrive citando il consulente Luis Decanini, “è stato indicato in circa 325 anni dall’anno 1000”. Inoltre, “si è trattato di un terremoto certamente non eccezionale per il territorio aquilano e assolutamente in linea con la sismicità storica dell’area”. La tesi del giudice Grieco è molto simile a quella sostenuta dal collega Marco Billi nelle motivazioni della sentenza Grandi Rischi. Billi scrisse che ci fu negligenza umana nel dare false rassicurazioni alla popolazione che in tal modo non adottò le tradizionali precauzioni tra cui uscire di casa dopo una forte scossa. La sentenza portò alla condanna a sei anni per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose di sette componenti della Commissione Grandi Rischi che il 31 marzo 2009, 5 giorni prima della scossa, si riunirono all’Aquila per fare il punto sullo sciame sismico che da mesi interessava il territorio aquilano.

Secondo le motivazioni del magistrato “la scelta processuale di procedere alla perizia tecnica è risultata quanto mai appropriata, finendo per fornire al giudice un contributo determinante nella decisione del processo e, prima ancora, nel disvelamento della cause di natura tecnica che hanno portato al crollo dell’edificio”. La maxirelazione tecnica di 1300 pagine fu effettuata dalla professoressa Gabriella Mulas, del dipaartimento di Ingegneria strutturale del Politecnico di Milano. Nel suo lavoro la Mulas ha ripercorso la storia dell’edificio costruito nel 1965, evidenziandone i difetti originali di realizzazione, “bastava aprire la prima pagina della relazione del progettista per capire il rischio di danni strutturali”, disse in aula. Ma ha anche poi sottolineato i vari errori commessi nelle fasi di restauro, “soldi gettati nella spazzatura”, la valutazione sempre in dibattimento. L’edificio era nato negli anni sessanta come palazzina di appartamenti in aggiunta a un deposito di farmaci. Nel 1979 divenne un palazzo utilizzabile per l’Università con servizi alberghieri per gli studenti più meritevoli attraverso l’Opera universitaria. Successivamente il palazzo privato divenne pubblico e cambiò la destinazione d’uso ad albergo per studenti. Nel 1982, abrogate le Opere universitarie, tutto il patrimonio diventò di competenza della Regione Abruzzo che lo ha gestito attraverso l’Azienda per il diritto agli studi universitari.

Il giudice Grieco spiega che tre degli imputati “hanno colpevolmente e reiteratamente ignorato tutte le prescrizioni”. Il riferimento del giudice è a Pace, Centofanti, Rossicone, che gestirono la ricostruzione della struttura. A proposito del tecnico dell’Adsu Sebastiani per la sentenza “non ha provveduto a fare il collaudo statico dell’immobile”. Tutti gli imputati sono stati condannati per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose.

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