Sullo “spirito di Spineto”, evocato con enfasi e ottimismo da Enrico Letta, si allunga sempre di più la sinistra ombra del Cavaliere, il nuovo Ghino di Tacco (l’abbazia del ritiro è un tiro di schioppo da Radicofani) che tiene in ostaggio il governo con i suoi guai giudiziari e i suoi calcoli politici. E da questi ultimi, legati ovviamente ai primi, ai guai, dipende il fuoco di sbarramento che si è alzato dai falchi del Pdl, quando al centro congressi di Spineto sia il premier sia il ministro per le Riforme Gaetanno Quagliariello, colomba dei berlusconiani, hanno annunciato un blitz per eliminare il Porcellum, qualora dovesse prevalere “l’imponderabile” (Letta dixit) e si andasse al voto. Per usare il gergo di Spineto, “una messa in sicurezza” della legge elettorale con uno, due interventi per evitare un altro Parlamento di nominati.

 Da Roma, il primo a farsi sentire è stato Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera e nuovo ayatollah dei falchi di B. che ha imposto lo stop, “prima le riforme costituzionali poi la legge elettorale”, e ha anche ironizzato sul “codice di comportamento” che impedirà ai ministri di parlare in campagna elettorale dopo “i fatti di Brescia”: “Il silenzio non serve nulla, ma tanto dura solo 15 giorni”. È la conferma che, a fronte dell’implosione del Pd, esistono ormai due Pdl: da un lato i “democristiani” che stanno al governo, dall’altro i falchi esclusi dalle poltrone che fanno la guerra e spingono per l’incidente.

 L’unico modo per Letta (e Alfano) per andare avanti è restringere il perimetro d’azione. Ieri a mezzogiorno e mezzo, al termine della seduta di lavori mattutina dei ministri in ritiro, premier e vicepremier si sono presentati alla stampa dopo il violento scontro, sempre sul comizio anti-pm di B. a Brescia, nel viaggio di andata (su un van della presidenza del Consiglio), presenti anche Dario Franceschini e Maurizio Lupi. Letta ha spiegato il piano dei primi fatidici cento giorni che ruota attorno a “quattro assi”: lavoro, casa, agevolazioni fiscali per coloro che “vogliono fare qualcosa per il Paese”, riforma della politica. Per i due assi principali, lavoro e casa, già venerdì ci saranno i decreti su Imu e Cassa integrazione. Più complicata e lunga, invece, la partita per ridurre i parlamentari, abolire le province e il finanziamento pubblico dei partiti, arrivare insomma “a un punto di non ritorno”. A partire dalla legge elettorale, che “deve uscire dal percorso di riforme istituzionali perché non si può andare a votare con il Porcellum e bisogna fare un rete di protezione in tempi rapidi qualora succedesse l’imponderabile”, che tradotto potrebbe significare il ritorno al Mattarellum. Sulle riforme, l’idea originaria della Convenzione, bloccata da Berlusconi, è stata sdoppiata. A prendere la parola è stato Quagliariello: la Convenzione sarà formata dalle commissioni Affari costituzionale di Camera e Senato mentre “consigli” arriveranno da un comitato di esperti esterni. Il risultato sarà sottoposto a una consultazione in Rete.

 Nell’ex abbazia di Spineto, all’ora di pranzo, gli echi milanesi della requisitoria del processo Ruby sono forti, ma Alfano e Letta troncano ogni discussione. Il segretario del Pdl ammette che i “problemi ci sono” e che una questione di vent’anni non può risolversi in due giorni. A spaventare i berlusconiani c’è pure l’incubo delle maggioranze variabili, per esempio Pd e grillini sull’ineleggibilità di B. Il problema è stato posto da Alfano ma una soluzione ancora non c’è. E gli esiti, per il vicepremier, possono essere “imprevedibili”.

da Il Fatto Quotidiano del 14 maggio 2013

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