Prepariamoci al mantra: abbiamo un governo, la ricreazione è finita, l’Europa ci aspetta al varco, sono necessari nuovi e dolorosi tagli per non finire nel baratro.

Eppure, un economista che utilizza le proprie competenze nel mondo della finanza per sostenere le persone più dolorosamente colpite proprio da quelle politiche economiche che ci vengono spacciate per necessarie e salvifiche, dice qualcosa di molto diverso.

Dice che il debito pubblico è sostanzialmente stabile e che far vedere la situazione più grave di quello che è serve non solo a giustificare ulteriori tagli di bilancio, ma a veicolare una visione dello Stato sempre più ridotto a un bilancio, piuttosto che a una comunità di persone.

Non solo non sono necessari altri tagli, secondo la Fondazione Condividere, ma oggi si sono liberate risorse che possono essere ampiamente utilizzate per la spesa sociale: alleggerire la stretta sul paese e promuovere politiche di sostegno a chi è in difficoltà sarà dunque la prima responsabilità a cui è chiamato il nuovo governo.

Questo il post, pubblicato sulla pagina Fb della Fondazione Condividere

Promemoria (importante) per il prossimo governo…

La legge finanziaria dello Stato per il 2013 è stata elaborata nella seconda metà dello scorso anno quando i tassi di interesse sui nostri titoli di Stato erano superiori a quelli attuali di oltre 1 punto percentuale. A titolo di esempio, i Btp a 10 anni rendevano intorno al 5,25% mentre oggi siamo decisamente sotto il 4%.

Un punto e mezzo in meno su un debito come il nostro, significa che nel bilancio pubblico si sono liberate risorse per molti miliardi di euro che NON devono essere destinate solo alla riduzione del debito ma possono e devono essere utilizzate per fare ripartire l’economia destinando somme adeguate anche alla spesa sociale che è stata compressa in modo indegno in questi ultimi anni.

Non credete a chi vi dirà che non ci sono spazi nel bilancio pubblico… NON E’ VERO… nella migliore delle ipotesi la legge finanziaria 2013 è stata fatta ipotizzando tassi al 4.5%. Quest’anno ci potremo tranquillamente stabilizzare al 3.5% o meno. Un punto percentuale su 2.000 miliardi di euro sono almeno 20 miliardi di euro che possono essere destinati alla crescita, all’occupazione ed alla spesa sociale senza per questo violare i trattati europei. Lo stock di debito è certamente un problema, ma non dice tutto sulla reale situazione di un Paese. Se in Italia sommiamo il debito pubblico a quello privato in relazione alla ricchezza totale del paese, l’Italia è uno dei paesi messi meglio ed in ogni caso esistono paesi come il Giappone che da anni vivono con uno stock di debito molto superiore (oltre 200% del Pil rispetto al 127% dell’Italia)
Il prossimo governo sarà messo alla prova anche su questo.

Ma qualche giorno fa c’era anche un altro post: il testo del discorso tenuto da Robert Kennedy il 18 marzo 1968 all’Università del Kansas, di cui vi riporto uno stralcio:

“Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il Pil comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana…
Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.
Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza [] Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.

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