Il giorno dopo la sua mossa a sorpresa, Repubblica e Corriere della Sera incensano Giorgio Napolitano. “Sarà molto difficile trovare un successore dello stesso spessore e livello” dell’attuale presidente della Repubblica, scrive Eugenio Scalfari nel consueto editoriale della domenica. Una valutazione che sul quotidiano di via Solferino è condivisa da Ernesto Galli della Loggia, il quale, seppure con qualche dubbio sulla nomina dei dieci ‘saggi’, si spinge a invitare il capo dello Stato a rendersi disponibile per un altro settennato.

“L’Italia comincia ad avere paura, sì paura – scrive Galli della Loggia -. Nel marasma generale la Presidenza della Repubblica è rimasta ormai la sola sede possibile di identificazione della compagine nazionale, la sola fonte autorevole di decisioni libere e disinteressate per quanto possono esserlo decisioni umane. Tutto ciò si deve a Giorgio Napolitano. Possiamo allora chiedere sottovoce: perché rinunciare a un simile presidente?”. Secondo l’editorialista del Corriere, “in questo scenario tormentatissimo il presidente Napolitano per giorni e giorni ha esercitato con equilibrio ammirevole un ruolo di moderazione, di consiglio, anche di ammonimento”.

I giudizi assai positivi sull’operato di Naplitano non impediscono però a Galli della Loggia di avanzare qualche dubbio sulla sua ultima iniziativa, ovvero la decisione di incaricare due gruppi di ‘saggi’ di facilitare la formazione del nuovo governo. “Verremmo meno a un dovere di sincerità verso i lettori e verso un uomo dell’onesta intellettuale di Giorgio Napolitano – scrive – se dicessimo che la decisione presa ieri dal presidente della Repubblica ci lascia pienamente convinti. Ci sono troppe cose che non ci appaiono chiare circa i lavori e lo scopo delle due commissioni di saggi istituite. A cominciare da chi dovrà utilizzarne i risultati, e come e quando; e se dovrà trattarsi di una maggioranza parlamentare e di un governo futuri. A proposito dei quali, però, l’orizzonte appare oscuro oggi come lo era ieri. A che pro dunque quell’areopago di valentuomini?”

Domande che invece non si pone Scalfari. Secondo il fondatore di Repubblica, se la nomina di un governo istituzionale era stata resa ardua a causa dei veti incrociati dei partiti, nemmeno le dimissioni anticipate del capo dello Stato erano una soluzione percorribile. Perché “le sue dimissioni premature rispetto alla naturale scadenza del suo settennato – scrive Scalfari – avrebbero gettato i mercati in grandissima confusione, avrebbero accresciuto la rissa tra i partiti e al loro interno, avrebbe annullato la credibilità internazionale del nostro Paese già abbastanza logorata dagli insuccessi politici che hanno fortemente indebolito l’immagine di Mario Monti“.

Per questo, ammette Scalfari, “sono stato felice ieri quando alle ore 13.27 ho ascoltato le parole di Giorgio Napolitano confermare che avrebbe rispettato la scadenza naturale del suo mandato, avrebbe nel frattempo preso tutte le misure opportune per facilitare il compito del suo successore ed avrebbe stimolato, firmato e promulgato tutti i provvedimenti urgenti che l’economia del Paese richiede”. Quella di Napolitano è stata quindi una decisione ben ponderata, che potrà facilitare attraverso i dieci ‘saggi’ il lavoro che attende il futuro inquilino del Quirinale. Del resto, afferma Scaldfari, “chi conosce il nostro Presidente e la sua storia era certo che non è uomo che si sottragga alle responsabilità anche quando comportano fatica e sofferenza”. 

 

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