Jorge Mario Bergoglio, gesuita, arcivescovo di Buenos Aires (in Argentina), ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina e sprovvisti di ordinario del proprio rito, è nato nella capitale argentina il 17 dicembre 1936. Francesco I non è solo il primo papa sudamericano: è anche il primo pontefice gesuita della storia. L’ordine fondato da Ignazio di Loyola nel 1534, infatti, pur essendo potentissimo nei secoli non ha mai espresso un papa di Roma, avendo tra l’altro una gerarchia molto strutturata con in testa un potente preposito generale, che non a caso viene tradizionalmente chiamato il “Papa nero“. Oggi i gesuiti sono 17.906, di cui 12.737 sacerdoti. Bergoglio diventa pontefice a quasi 77 anni, la stessa età che aveva Angelo Roncalli quando divenne Papa Giovanni XXIII. La differenza è solo nei mesi: Bergoglio ne ha otto di meno rispetto all’età che aveva Roncalli quando fu eletto pontefice.

Il padre era un ferroviere, la mamma la casalinga. La sua vocazione sacerdotale è maturata dopo il diploma di perito chimico. È diventato prete a 33 anni e a 35 era già tra i gesuiti più autorevoli dell’Argentina (i suoi rapporti con il governo sono da sempre molto tesi). Poco dopo ha sofferto problemi respiratori e, dopo un’operazione, ha subito la perdita di un polmone. Bergoglio ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico, come detto, ma poi ha scelto il sacerdozio. Nel 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù e nel 1963 si laurea in filosofia. Insegna dal 1964 in vari istituti e collegi dell’Argentina, poi si laurea nel 1970 alla facoltà di Teologia a San Josè, di San Miguel, dove ha conseguito la laurea. Viene ordinato sacerdote il 13 dicembre 1969. Fra il 1980 e il 1986 è rettore del collegio massimo e delle facoltà di Filosofia e Teologia della stessa Casa e parroco della parrocchia del Patriarca San Josè, nella Diocesi di San Miguel. Il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina Vescovo titolare di Auca e Ausiliare di Buenos Aires. Nel 1998 diventa arcivescovo di Buenos Aires. Nel 2001 viene elevato cardinale nel concistoro ordinario dallo stesso papa polacco.

Nel 2005 battuto da Ratzinger: “Ai cardinali chiese di non votarlo”
Bergoglio, cardinale di grande esperienza e afflato pastorale, era già tra i papabili nel conclave del 2005. Secondo alcune ricostruzioni, ad esempio quella del vaticanista Lucio Brunelli che ha raccolto il diario di un cardinale elettore, fu proprio Bergoglio a contendere a Ratzinger l’elezione in quell’aprile del 2005. E risultò il secondo più votato dopo lo stesso Benedetto XVI.

Timido, schivo, di poche parole, per alcune ricostruzioni il porporato si mostrò così atterrito dall’idea del peso che gli sarebbe caduto addosso da convincere i più a lasciar perdere: il cardinale argentino, di origini piemontesi, secondo il diario di un cardinale elettore, spaventato dal confronto con il cardinale decano, scongiurò addirittura i suoi sostenitori a non votarlo.

Secondo altri, invece, non avrebbe avuto una reale possibilità di ascendere al soglio di Pietro: in quell’occasione, infatti, i cardinali che temevano la candidatura Ratzinger avevano fatto blocco sull’argentino, nel tentativo di impedire che si raggiungesse la maggioranza minima per l’elezione, in modo da obbligare tutti alla ricerca di candidati diversi, come era già avvenuto. Resta il fatto che quel Conclave risulta oggi la “prova generale” di questo, se l’unico che seriamente attirò voti oltre a Ratzinger si ritrova ad essere il suo successore.

Gli offrirono un ruolo di peso nel 2001 e rispose: “Per carità, in curia muoio”
E Bergoglio è sempre stato restio ad accettare ruoli curiali. Oppositore del lusso e degli sprechi (ha vissuto in un modesto appartamentino e per spostarsi usa i mezzi pubblici) quando fu ordinato cardinale nel 2001, obbligò i suoi compatrioti che avevano organizzato raccolte fondi per presenziare alla cerimonia di Roma, a restare in Argentina e a donare i soldi ai poveri. Nel 2001 gli chiesero di avere un ruolo di peso, lui rispose: “Per carità, in curia muoio”.

Nel suo Paese è un trascinatore di folle e una figura di riferimento nella Chiesa sudamericana. E’ sempre stato ritenuto un conservatore ma, nonostante questo, non ha mai approvato l’eccessiva rigidità della Chiesa soprattutto in materia di sessualità e la sua autoreferenzialità. Bergoglio è un grande tifoso del San Lorenzo di Almagro, squadra di calcio che milita nella serie A argentina. Sul sito della società, fondata nel 1908 da un salesiano, campeggia ora una foto di Bergoglio che tiene il gagliardetto rossoblu con la scritta “Papa Cuervo” che nel gergo del calcio argentino significa tifoso del San Lorenzo, appunto.

Contro la teologia della liberazione, le ombre per i legami con il regime argentino
Contestò l’apertura dei gesuiti alla Teologia della Liberazione, negli anni Settanta e questa posizione forse gli è valsa l’accusa ingiusta di connivenza con il regime dei generali, anche se peraltro non ci sono mai state prove né indizi della sua vicinanza alla dittatura. Le accuse di collusione con il regime che sterminò 9mila persone furono furono mosse per il periodo a partire dal 24 marzo 1976 anche e soprattutto nel libro “L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina” del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi di quegli anni.

Accuse che Bergoglio ha sempre respinto come “vecchie calunnie”. Nell’anno santo del 2000 fu proprio Bergoglio a far “indossare” all’intera Chiesa argentina le vesti della pubblica penitenza, per le colpe commesse negli anni della dittatura. Un mea culpa che dette più fiducia nell’istituzione ecclesiale. 

I matrimoni tra omosessuali, “una mossa del diavolo”.
Controversa – ma fedele alla linea – anche la posizione sugli omosessuali. Per quanto progressista nei temi sociali, infatti, Bergoglio reagì quando tre anni fa in Argentina venne presentato il progetto di legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. L’arcivescovo di Buenos Aires scrisse una lettera alle monache carmelitane di Buenos Aires in cui definiva il disegno di legge “movida del diablo”, una mossa del diavolo, e le incitava a pregare per una “guerra di Dio” contro il progetto. Anche (ma non solo) per questo nacquero le non poche ruggini con la presidente Kirchner che accusò l’alto prelato di voler tornare ai tempi dell’Inquisizione.

“L’aborto non è mai una soluzione”
Segue coerentemente la dottrina anche per quanto riguarda l’aborto. Nel settembre scorso la Corte Suprema di Buenos Aires voleva depenalizzare l’aborto e l’allora arcivescovo disse che sarebbe stata una decisione “disdicevole“. “Ancora una volta – fece scrivere in una nota – si vuole limitare o eliminare il valore supremo della vita e ignorare i diritti dei bimbi a nascere. L’aborto non è mai una soluzione. Quando si parla di una madre incinta, parliamo di due vite: entrambe devono essere preservate e rispettate perché la vita è un valore assoluto”.

Contro una Chiesa autoreferenziale, gira in metro e gli piace il tango
La sua passione sembra essere la gente, il popolo, quello al quale ha chiesto nella sua prima apparizione alla finestra del palazzo apostolico di pregare per lui. Lontano da una Chiesa che se autoreferenziale rischia di essere “autistica”, ha preferito finora spostarsi in metropolitana e, fino ad oggi amava definirsi “Jorge Bergoglio, prete”. Il profilo del nuovo Papa, che ha scelto il nome di Francesco, è tracciato nel libro-intervista del 2010 “Il gesuita”, di Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin, nel quale Bergoglio ricorda le sue origini italiane e rivela anche le sue passioni di uomo, da quella per la letteratura e, da buon argentino, per il tango, fino ai ricordi di una fidanzata prima dell’arrivo della vocazione.

“L’opzione principale è scendere per le strade a cercare la gente: questa è la nostra missione”, afferma netto Bergoglio nel libro, mettendo in guardia da “una Chiesa autoreferenziale” alla quale può succedere “come ad una persona autoreferenziale: diventa paranoica, autistica”. Il padre “era di Portacomaro”, della provincia di Asti, “e mia madre – racconta – di Buenos Aires, con sangue piemontese e genovese”. Nel 2005 poteva diventare il successore di Giovanni Paolo II: i media ne parlavano come uno dei candidati più accreditati facendogli allora provare “pudore, vergogna”.

Nel libro c’è spazio per i ricordi ed anche per le sue passioni: il suo film preferito è “Il pranzo di Babette”, il suo dipinto ideale la “Crocefissione Bianca” di Chagall. Quanto alla letteratura nutre amore per I promessi sposi e la Divina Commedia. Per lo sport, ovviamente, il calcio. Nella musica il preferito è Beethoven. Ma nel libro c’è anche il capitolo “Mi piace il tango”, dove il papa rivela di aver avuto una fidanzata: “Era del gruppo di amici con i quali andavamo a ballare. Poi ho scoperto la vocazione religiosa”.

Nel libro di Ambrogetti e Rubin Bergoglio tocca anche uno dei punti più controversi e delicati con cui è alle prese la Chiesa, quello della pedofilia. “Se c’è un prete pedofilo è perchè porta in sè la perversione prima di essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha”, dice Bergoglio, secondo il quale “bisogna stare molto attenti nella selezione dei candidati al sacerdozio. Nel seminario di Buenos Aires ammettiamo circa il 40% dei candidati, e facciamo un attento monitoraggio sul processo di maturazione”.

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