Scenderanno in piazza i lavoratori coinvolti nella fusione Unipol-Fondiaria Sai. Lo hanno deciso all’unanimità i dipendenti delle sedi torinesi dell’ex compagnia dei Ligresti che si appresta a unirsi al gruppo delle coop, riuniti questa mattina in un’affollata assemblea sindacale. Preoccupati da un’operazione che comporterà 2240 esuberi in tutta Italia e che rischia di avere importanti ricadute su Torino, dove i dipendenti sono circa 1500. L’appuntamento è per il prossimo 18 febbraio, a Bologna quando, a seguito di una settimana di incontri in tutta Italia, un’assemblea nazionale deciderà la modalità più efficace di mobilitazione.

Dopo i primi incontri, le trattative tra il gruppo finanziario delle coop e le rappresentanze dei lavoratori hanno subito una brusca battuta d’arresto lo scorso 4 febbraio, perché i sindacati hanno ritenuto irricevibile il documento presentato dall’azienda, per le insufficienti tutele previste per i lavoratori coinvolti nella fusione. “Siamo entrati in una fase di macelleria sociale d’impresa” dice in assemblea Andrea Rochas, coordinatore Uil-Uilca. “L’azienda non ha recepito le indicazioni avanzate dal sindacato e continua a fare solo riferimento al rientro di patrimonio e capitali, senza fare alcuna menzione del capitale sociale”.

Secondo i rappresentanti dei lavoratori, compatti sullo fronte della trattativa, nel preambolo dell’accordo presentato dai vertici del gruppo Unipol è possibile leggere in filigrana solo la fretta di ridurre i costi, per accontentare gli azionisti, senza alcuna cura per le esigenze dei lavoratori. Di più, Rochas legge nelle parole consegnate ai media dall’ad di Unipol, Carlo Cimbri, la volontà politica di legare sempre di più i destini del nuovo gruppo Unipolsai alla città di Bologna.

I punti più contestati della bozza d’accordo riguardano l’assenza di garanzie come l’esclusione del ricorso ai licenziamenti, la volontarietà nei trasferimenti e l’assenza di specificazioni sull’applicazione del Fondo esuberi. Secondo il piano industriale degli 8165 lavoratori coinvolti nell’operazione, 2240 diventeranno esuberi entro il 31 dicembre 2015 e tra questi circa mille verranno coinvolti nella cessione degli asset, mentre circa 900 potrebbero entrare nel trattamento del Fondo. Il quadro resta però ancora molto confuso e indefinito.

“C’è poi un aspetto occulto, che si somma al tema degli esuberi – continua Rochas – ed è quello della mobilità selvaggia”. Preoccupa la trasformazione delle sedi di Torino e Firenze in sedi secondarie rispetto a Milano e Bologna, che diventerà il quartier generale del nuovo gruppo. Il rischio per i lavoratori è infatti di trasferimenti obbligatori nelle nuove sedi centrali d’attività. “Abbiamo appoggiato l’operazione Unipol perché pensavamo che fosse un piano di lungo periodo e che Unipol ci avrebbe dato la stabilità finanziaria e mantenuto i nostri diritti”, spiega Donatella Farruggia, segreteria provinciale Fna. “Invece il gruppo bolognese si sta ponendo degli obiettivi di mero profitto, da raggiungere in breve termine sulla pelle dei lavoratori”.

Si respira rabbia e preoccupazione in sala, ma anche un senso di orgoglio ferito. “Eravamo un gioiellino, la Fondiaria Sai è stata distrutta dai suoi vecchi proprietari”, lamentano i lavoratori seduti in sala. Il riferimento è ovviamente alla famiglia Ligresti, ex proprietaria del gruppo e oggi sotto il mirino delle procure di Milano e Torino insieme a chi ha gestito il passaggio tra le braccia di Unipol, come Mediobanca creditrice di entrambi i gruppi. “Siamo preoccupati dalle indagini. Noi siamo le vittime di quanto è accaduto – dice Donatella Farruggia – qualcuno ha svuotato la cassaforte e il rischio è che adesso che il conto lo paghino i lavoratori e le relative famiglie”.

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