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Referendum sulle scuole private, l’autogol di Merola

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Non svolgere il referendum sulla destinazione dei fondi alle scuole private parificate, nel giorno delle elezioni politiche, indubbiamente è un autogol dell’amministrazione comunale di Bologna.

Il referendum riguarda la destinazione di un milione circa di euro, è consultivo e quindi non impegna l’amministrazione a rispettare il mandato espresso dagli elettori anche se favorevole, eppure non si vuole  utilizzare un’occasione di grande partecipazione come le elezioni generali, per consentire agli elettori di esprimere un parere su un argomento di rilevante interesse pubblico.

Intravvedo in questo comportamento un ritardo culturale e una debolezza democratica della classe dirigente, locale in questo caso, che si ritrae da un confronto, solo perché può presentare dei rischi dal punto di vista dell’orientamento dell’opinione pubblica: il parere dei cittadini su come debbano essere spesi i fondi che derivano dalle tasse pagate, è un argomento da sottrarre alla libera espressione delle idee, per confinarle nell’ambito delle opportunità politiche.

Invece un’amministrazione e una maggioranza consiliare autorevoli, dovrebbero essere convinte dei loro atti e fiduciose che le proprie ragioni faranno breccia nel convincimento degli elettori, quale migliore occasione del confronto sulle elezioni per il governo del Paese che includere a pieno titolo in questo grande momento di partecipazione, un dibattito sulla importanza della scuola pubblica e della scuola privata, sulla funzione dell’istruzione libera e i diritti costituzionali collegati?

Purtroppo restiamo un paese con la p minuscola… nella microscopica (ma ben forte) Svizzera i cittadini sono costantemente chiamati a decidere su argomenti di rilevante importanza e non per questo il governo della confederazione ne resta indebolito, tutto al contrario.

Se il referendum al 26 maggio registrerà un tasso di partecipazione al di sotto della maggioranza assoluta degli elettori, molto probabilmente sarà così visto l’orientamento prevalente nei maggiori partiti che cercheranno di svuotare di significato l’appuntamento, cosa resterà? Il rammarico di chi ha promosso il referendum e dei tanti cittadini che hanno firmato per farlo svolgere, la soddisfazione intima ma inesprimibile sul piano politico di chi avrà voluto questa soluzione, una democrazia sempre più piccola e zoppa, insomma non certo un bel guadagno.

Ma si sa c’è chi si accontenta di molto  poco per conservare uno spicchio di potere!

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