Una squadra di governo quasi completamente rinnovata. E’ quello che il team di Barack Obama sta preparando per il secondo mandato. Mentre il presidente appare concentrato soprattutto sulle trattative con John Boehner e i repubblicani su budget e tasse, i suoi principali collaboratori – guidati dal capo staff Jacob Lew e dall’advisor Pete Rouse – contattano i candidati, studiano i curricula, valutano gli equilibri politici. L’obiettivo è arrivare presto a una nuova squadra di governo, che possa essere operativa sin dal prossimo gennaio. Un po’ come fece Bill Clinton, quando si presentò in tempi rapidi con un gabinetto rinnovato per il suo secondo mandato (ne facevano parte Madeleine Albright alla Segreteria di Stato, William Cohen alla Difesa e Sandy Berger come “national security advisor”).

Il compito oggi non è dei più facili. Sono decine gli esponenti della Washington politica che in queste ore stanno sottomettendo la loro candidatura, o facendo sapere attraverso canali più riservati di essere interessati. Ci sono poi da accontentare coloro che si sono spesi durante la campagna elettorale. E ci sono le folle di consulenti, aiuti, uomini e donne dei vari team che cercano un posto nella nuova amministrazione. Questo è un riepilogo dei principali avvicendamenti in vista nella nuova amministrazione.

TESOROTimothy Geithner è sicuramente in uscita. E’ stato un collaboratore fidato per Obama, è stato soprattutto il collaboratore che lo ha coperto con Wall Street e la grande finanza. E’ grazie a Geithner che le grandi banche hanno ottenuto una riforma del sistema finanziario molto più modesta rispetto a quella in un primo tempo progettata. Per il posto di segretario al Tesoro il grande favorito è Jacob Lew, attuale capo staff di Obama, un politico esperto che guidò il team di Bill Clinton durante i negoziati per il budget del 1997. Come alternativa, qualcuno sta pensando al Ceo di una grande società: Sheryl Sandberg di Facebook, Eric Schmidt di Google o Larry Fink di BlackRock. E’ un’ipotesi improbabile. Per superare opposizione e giochi parlamentari dei repubblicani ci vuole una persona che coniughi competenze economiche e abilità politica, e Lew sembra il candidato perfetto.

STATOHillary Clinton ha detto e ripetuto che se ne vuole andare. Quattro anni di viaggi intorno al mondo ne hanno fiaccato, almeno momentaneamente, la resistenza, e lei ha più volte spiegato di volersi dedicare ai temi che più l’appassionano: sanità e diritti femminili nel mondo. Probabile anche che voglia capire che possibilità ci sono per una candidatura alle presidenziali 2016. Al suo posto, al Dipartimento di Stato, dovrebbe arrivare John Kerry, candidato alla presidenza nel 2004, oggi chairman della Commissione Esteri del Senato. Kerry ha dato a Obama la possibilità del keynote speech alla Convention del 2004. E’ stato tra i primi ad appoggiarne la sua candidatura, nel 2008. Quest’anno è stato il partner di Obama nei confronti simulati in preparazione dei dibattiti presidenziali. Kerry ha già fatto sapere che, nel caso la Clinton lasciasse, lui tiene al posto. Difficile possano dirgli no. Anche se alcuni nell’amministrazione, forse lo stesso Obama, preferirebbero Susan Rice, l’attuale ambasciatore Usa all’Onu. La Rice è però restata impigliata (male) nel caso delle ambasciate in Nord Africa. Per giorni è andata in televisione a dire che gli attacchi erano causati dal film di Maometto, e non da un premeditato piano terroristico. I repubblicani le farebbero probabilmente una guerra spietata durante le audizioni di conferma del Senato.

DIFESA Leon Panetta se ne va. Vuole tornare a casa, in California, che ormai, da quando è arrivato al Pentagono, nel giugno 2011, frequenta pochissimo. A parte supposizioni molto, troppo fantasiose – come quella che vorrebbe al Pentagono David Petraeus – la poltrona di capo della Difesa resta per ora quella più incerta. Alcuni pensano di affidarla a un repubblicano, come era già avvenuto nel 2008, con Robert Gates. Se la strategia fosse questa, il candidato naturale potrebbe essere Chuck Hagel, veterano del Vietnam, ex-senatore repubblicano, moderato, spesso in contrasto con George W. Bush ai tempi della guerra al terrore. Un’altra possibilità potrebbe essere Ashton Carter, vice di Panetta, o Michèle Flounoy, ex-sottosegretario al Pentagono ed esperta di questioni strategiche. Sarebbe, la Flournoy, la prima donna a guidare la Difesa Usa.

GIUSTIZIA, INTERNI, ENERGIA – L’Attorney General Eric Holder, vorrebbe restare. Probabile che gli chiedano invece di lasciare libero il posto. La sua gestione del Dipartimento alla Giustizia è stata caratterizzata da una fase di scontri continui con i repubblicani, ciò di cui Obama al momento non ha certo bisogno. Per il suo posto si fanno i nomi di Janet Napolitano, che lascerebbe così scoperta la casella di segretario al Department of Homeland Security, ma soprattutto di Deval Patrick, governatore del Massachusetts, intimo degli Obama, già Assistant Attorney General ai tempi di Clinton. Il posto assicurerebbe a Patrick un buon palcoscenico nazionale da cui tentare una candidatura per la presidenza nel 2012. In partenza anche Ken Salazar, agli Interni, una posizione che verrà probabilmente affidata a un politico dell’Ovest (uno dei principali compiti del Dipartimento è la gestione delle terre federali nel West). Si fanno i nomi del senatore del North Dakota, Byron Dorgan, e dell’ex-governatore del Wyoming, Dave Freudenthal. Sicura infine l’uscita di scena del Segretario all’Energia, Steven Chu, premio Nobel per la Fisica, grande fautore della ricerca sulle rinnovabili, ma che ha gestito male il caso Solyndra. Al suo posto, potrebbe arrivare Cathy Zoi, ex-Ceo dell’Alliance for Climate Protection di Al Gore.

CHIEF of STAFF – Per questa posizione, essenziale per il funzionamento della macchina dell’amministrazione, si fanno i nomi di Tom Donilon, l’attuale National Security Advisor, che però ha fatto sapere di voler restare dov’è; di Ron Klain, attuale capo staff di Biden, e che ha partecipato attivamente alla fase preparatoria dei dibattiti presidenziali; e infine di Tom Daschle, ex-capogruppo democratico al Senato, che conosce bene “the Hill”, il Congresso, e che potrebbe risultare utilissimo in una fase di turbolenti negoziati parlamentari.

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