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San Raffaele, i pm: “Restino in cella: Daccò e Simone possono corrompere”

La Procura chiede una proroga delle indagini e della custodia cautelare per il mediatore già condannato a 10 anni e l'ex ciellino. Per i magistrati infatti possono "incidere ancora e illecitamente" sull'attività della Regione grazie a un "formidabile potere" di influenzare e direzionare il Pirellone
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Niente giudizio immediato, e nemmeno chiusura ordinaria dell’indagine: né per i presunti corruttori in carcere Pierangelo Daccò e Antonio Simone né per il presidente della Regione Lombardia Formigoni, indagato anch’esso per corruzione. Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera,  a una settimana dal bivio procedurale determinato dallo scadere il 13 ottobre dei 6 mesi di custodia cautelare di Daccò e Simone nel filone Maugeri, la Procura fa una scelta tecnica poco usuale: chiede al gip una proroga straordinaria di 3 mesi della quasi scaduta carcerazione preventiva.

Il mediatore e elargitore, secondo la Procura, di quasi 8 milioni in vacanze e benefit a Formigoni, e l’ex politico ciellino diventato imprenditore con base a Praga e Londra, se lasciati adesso in libertà possano “incidere ancora e illecitamente”, grazie a “sistematiche condotte corruttive” di “politici e funzionari” della Regione.

In concreto, sottolinea il quotidiano, il problema riguarda ormai più Simone che Daccò, visto che per quest’ultimo, in cella dal 15 novembre 2011 per il crac della Fondazione San Raffaele, sono già scattati altri 12 mesi di custodia cautelare dopo la sentenza di primo grado che mercoledì gli ha inflitto 10 anni per concorso nella bancarotta dell’istituto ospedaliero dello scomparso don Luigi Verzé e del suicida vicepresidente Mario Cal

L’accoglimento della proroga della carcerazione preventiva di Daccò e Simone tuttavia non è automatico. Il gip Vincenzo Tutinelli, che in teoria avrebbe potuto limitarsi a instaurare un contraddittorio con le difese a mezzo di memorie scritte, ha invece notificato ieri ai legali Giampiero Biancolella e Giuseppe Lucibello l’avviso di fissazione di un’apposita udienza di esame della richiesta dei pm il 10 ottobre.

Per chiedere al gip i tempi supplementari, i pm Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore hanno fatto appello al secondo comma dell’articolo 305 del codice di procedura penale, secondo cui “nel corso delle indagini preliminari” contempla che “il pubblico ministero possa chiedere la proroga dei termini di custodia cautelare prossimi a scadere” (nel caso di Simone e Daccò il 13 ottobre) “quando sussistono gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, rendano indispensabile il protrarsi della custodia”. 

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