“L’uso eccessivo della forza in Bahrein è ancora lo strumento per reprimere le proteste quotidiane, con un utilizzo senza precedenti di gas lacrimogeni durante le manifestazioni e all’interno di aree residenziali”. Lo denuncia Maryam al-Khawaja, presidente reggente del Centro per i diritti umani in Bahrein, che sostituisce alla guida dell’organizzazione non governativa il padre Abdulhadi condannato all’ergastolo. Maryam ha parlato davanti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, mercoledì 19 settembre scorso, mentre suo padre in carcere continua lo sciopero della fame. Il 30 settembre, dopo che il governo di Manama ha respinto al mittente le accuse, e nove medici imputati di aver curato i manifestanti feriti durante gli scontri del 2011 si sono visti confermare le condanne a cinque anni di carcere dalla Corte di Cassazione del Bahrein rifiutando ogni possibilità di appello.

Tolleranza zero, come con gli al-Khawaja. La famiglia reale non perdona agli al-Khawaja le continue denunce contro la repressione della rivolta sciita che per un anno e mezzo ha messo in seria difficoltà Manama, stroncata solo dall’arrivo delle truppe saudite, giunte in soccorso della monarchia sunnita che governa con pugno di ferro la maggioranza della popolazione di confessione sciita. Torture, arresti arbitrari, detenzioni senza processo: queste le accuse che Maryam ha lanciato contro il governo del Bahrein davanti al mondo, sostenuta nelle sue dichiarazioni dalla Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh), che ha confermato le accuse e ha denunciato a sua volta come le autorità della monarchia del Golfo non hanno attuato nessuna delle riforme promesse durante la fase acuta degli scontri in piazza. Scontri che, seppur non con la violenza del 2011, continuano.

Il 29 settembre le forze di sicurezza del Bahrein hanno assassinato il 17enne Ali Hassan Neamah, durante una manifestazione del partito Wefaq, leader dell’opposizione del Paese. Un mese fa, era toccato Hussam Al Haddad di 16 anni. Le dichiarazioni degli attivisti hanno provocato subito la reazione del governo, che il 23 settembre – sfruttando il quotidiano al-Watan, vicino al governo, ha pubblicato un articolo con nomi e fotografie di coloro che vengono definite “le persone che hanno diffamato il Bahrein a Ginevra. Ma non basta. Due giorni fa è stata arrestata Zainab al-Khawaja, l’altra figlia di Abdelhadi al Khawaja, attivista nota anche per il suo blog angryarabiya, molto seguito dai giovani del Paese. Condannata a due mesi di carcere con l’accusa di “aver devastato proprietà dello Stato”. In realtà, Zainab avrebbe strappato solo delle foto del re in manifestazione.

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