Avvenimenti come l’annuncio di acquisto di debito pubblico da parte della Banca Centrale Europea (Bce), sotto richiesta e “strette condizioni”, o il possibile salvataggio della Spagna, hanno sviato l’attenzione dall’attualità in Grecia. In questi giorni, tecnici della cosiddetta “troika” (per quanto si sa, Bce, Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale) negoziano con Atene un programma di tagli, altri, per concedere la nuova tranche di credito di 31.500 milioni di euro, concesso come parte del secondo salvataggio totale di 173.000 milioni approvato lo scorso marzo. Ricordiamo che questi prestiti si integrano in maniera frazionata, il che significa che ad ogni tranche si valuta l’impegno e si passano in revisione gli obiettivi, avendo la troika la possibilità di bloccare il prestito se una di queste analisi non è favorevole. Siccome la Grecia non può finanziarsi sui mercati, salvo recenti emissioni di debito a tre mesi ad un costo che supera il 4%, dipende da questi prestiti. L’alternativa sarebbe quella di dichiarare la bancarotta e uscire dall’euro.

I tecnici esigono un nuovo pacchetto di tagli di 11.600 milioni di euro nei prossimi due anni, ma il piano del governo, senza tagliare pensioni nè ridurre funzionari, no è risultato credibile e esigono nuovi tagli di salari e pensioni, così come il licenziamento di 150.000 funzionari entro il 2015. Allo stesso modo, per migliorare la competitività si è suggerito di aumentare la giornata lavorativa a sei giorni settimanali, secondo quanto trapelato in un giornale economico greco.

Cosciente della sua debolezza, davanti alla visita degli “uomini neri”, il governo conservatore di Samaras, cercò di ottenere senza successo due anni di tregua nei tagli. L’alleanza di governo con il socialista Pasok e Sinistra Democratica (Dimar) non promette stabilità di fronte ai nuovi tagli che si esigono, soprattutto in un Paese dove le coalizioni durano in media quattro mesi. L’attuale contesto depressivo rianima il rifiuto sociale con continue proteste di vari e scioperi generali come quello convocato per il prossimo 26 settembre. Sarà il primo con l’attuale governo, ma dal 2008 sono già 22 in totale gli scioperi di 24 ore e tre di 48 ore. Non è tanto, quando molti lavoratori e pensionati hanno visto crollare le proprie entrate della metà, senza che questa “svalutazione interna” abbia evitato l’arrivo al quinto anno consecutivo della recessione, con una caduta del Pil superiore al 20% per la fine di quest anno, un 24% di disoccupazione, mentre il 25,4% di coloro che hanno conservato il lavoro sopravvivono sotto la soglia della povertà.

D’altra parte, la risposta dei creditori, rappresentati tra gli altri dal governo Merkel, si sono mantenuti inflessibili. Berlino esige lo stretto compimento delle condizioni incluse nel salvataggio, anche se il promesso “piano Marshall” per la Grecia si concretiza appena in un credito per le Pmi di 750 milioni di euro in totale, concesso dalla Banca Europea degli Investimenti.

Mentre si chiude l’accordo con la “troika” e si emettono report ad ottobre, nei prossimi giorni si concretizzeranno, col contagoccie, i nuovi tagli, come il recentemente approvato prolungamento dell’età pensionabile a 67 anni. La lentezza che caratterizza questi processi di salvataggio come quello greco, rende eterno il calvario per buona parte della popolazione. Nonostante, visto dal punto di vista dei creditori, e più concretamente dalla posizione della banca creditrice, la prospettiva è un’altra. La crisi greca ha messo in evidenza i rischi nei quali incorrono soprattuto le banche francesi e tedesche con i loro prestiti. Ma la perdita di tempo per alcuni ha permesso agli altri, soprattutto alla banca tedesca, di ridurre notevolmente la sua esposizione al debito greco, come mostre il grafico.

Esposizione creditizia in Grecia delle banche tedesche e francesi. 2005-2012

(Dati trimestrali in milioni di euro)

Esposizione banche tedesche in Grecia

In questo senso, risulta singolare osservare come il discorso ufficiale tedesco ha incluso una possibile espulsione della Grecia man mano che le banche tedesche riducevano la propria esposizione al debito di tale paese. Altra questione è sapere dove hanno spostato il problema. Vediamo.

Prima del secondo salvataggio, si accordò una riduzione del debito privato greco per un 100.000 milioni di euro. L’esigenza partiva dalla Germania, ma assunta dal capitale di altri paesi, già che il debito delle banche tedesche è fondamentalmente pubblico, non incluso nel taglio e comprata dalle banchen greche o dalla Bce, spostando così il rischio di insolvenza. Questo spiegherebbe la caduta così brusca che vediamo nel grafico, mentre in Francia, con prestiti concentrati sul settore privato non bancario, si mantiene ancora un’esposizione prossima ai 40.000 milioni di euro. La posizione delle banche tedesche non implica necessariamente che la Grecia sia condannata. La decisione è politica, ma sottomessa all’esclusiva volontà dei creditori.

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(Traduzione dallo spagnolo di Alessia Grossi)

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