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LIbri di carta o libri digitali?

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“Cos’è leggere un libro, se non farsi i cazzi degli altri?” sentenzia Martino nel mio romanzo Ci meritiamo tutto® che sta ottenendo un discreto successo nelle classifiche Amazon, grazie alla modesta diffusione di Kindol  nell’Italia in crisi di valori.
La penosa diatriba lettori di carta contro lettori di ibuc ormai è un mast e si trascina penosamente sulla rete, perchè fuori dalla rete frega niente a nessuno.
“Io preferisco l’odore della carta. E’ insostituibile” dice il nasuto lettore olfattivo.
“Quando vado in vacanza posso caricare nel mio lettore tutti i libri che voglio e non appesantire i bagagli” dice il sollevatore di valigie che quando andrà in vacanza riuscirà si e no a leggere un libro e a bruciarsi per ben tre volte la schiena e i piedi.
E poi c’è la questione ambientale.
“Se continuiamo a produrre carta disboscheremo le foreste” miagola il solito “bio presto” della tipologia grin che ogni giorno per andare a lavorare su internet fa 20 chilometri per raggiungere l’ufficio, 20 per tornare nell’interlend in automobile e gli sembra pure una cosa normale.
Eh, si.
L’ambiente è importante, non c’è dubbio, ma il pensatore Alessandro Venturi ci risveglia dal verde torpore facendoci notare che con i libri si distrugge l’Amazzonia, certo, ma col Chindol si fanno lavorare i bambini cinesi 16 ore al giorno alla faccia dei giovani laureati italiani che qui non trovano lavoro.
E allora carta o ibuc?
Falso problema se lo confrontiamo con l’incremento esponenziale di scrittori e il crollo verticale della capacità di ascolto/interesse tra la popolazione che afferma candidamente di non leggere perché troppo indaffarata.
Indaffarata a fare cosa?
Diciamo disorganizzata, che facciamo prima.
Ci meritiamo tutto.

p.s. evviva chi legge, non importa come, non importa cosa

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