La comunicazione di massa funziona per semplificazioni, che spesso si traducono in opposizioni. Nette: i buoni contro i cattivi, o di qua o di là, o con me o contro di me. Così, senza sfumature, perché cogliere le sfumature implica approfondire, incontrare difficoltà, perdere tempo. Non sto dicendo che “la massa” non sia in grado di cogliere le sfumature: spesso, semplicemente, le persone non hanno né il tempo né l’attenzione sufficiente, ogni giorno, per star dietro ai mille distinguo che la complessità del mondo richiederebbe di fare. E spesso mancano anche le competenze, certo: mica possiamo essere tutti tuttologi.

La comunicazione di massa funziona così, e questo non è né un bene né un male: semplicemente è. Perciò politici, giornalisti e chiunque faccia comunicazione non dovrebbero mai scordarlo: se parli a una moltitudine, devi sapere in anticipo che ai più le sfumature non arriveranno. Per quanto ti sforzi di fare distinzioni sottili, ricordati che la maggioranza taglierà sempre netto: o di qua o di là.

È quello che di recente è successo alla questione delle intercettazioni telefoniche sul Presidente della Repubblica. In pochi giorni si sono delineati due schieramenti contrapposti: da un lato Napolitano e Monti, dall’altro i magistrati di Palermo, con relative testate giornalistiche come tifoserie. Con l’eccezione – forse e finora – di Repubblica, che ha ospitato sia editoriali intesi come dalla parte di Napolitano/Monti (quelli di Scalfari, vedi per esempio l’ultimo), sia editoriali presuntamente schierati con i magistrati (quello di Zagrebelsky).

Perché dico «intesi come» e «presuntamente»? Perché la questione è spinosissima e per comprenderla occorrono competenze giuridiche e costituzionali che non s’improvvisano leggendo qualche quotidiano. Perciò mi domando: quanti fra coloro che in questi giorni si stanno scagliando (in rete, al bar, in spiaggia) o contro i magistrati o contro Napolitano/Monti sanno davvero ciò di cui parlano? Quanti sanno distinguere fra lacune nella costituzione e sue diverse interpretazioni? Fra livello politico e giuridico? Certo nessuno dei più aggressivi, perché se capisci non inveisci. E scommetto pochi anche fra i commentatori in apparenza più informati.

Poi ci sono quelli che, pur capendo benissimo, inveiscono lo stesso, e lo fanno strumentalmente per aizzare le folle. Se sono politici, serve a guadagnare consensi; se giornalisti, a vendere più copie del giornale.

Il problema è che le folle ci cascano: facile che ci caschino in generale – per i motivi che ho spiegato sopra; ancor più facile in un periodo di malessere diffuso come quello che stiamo vivendo. Vedi ad esempio i commenti che ha scatenato ieri su Facebook la pubblicazione dell’ultimo editoriale di Scalfari: un inferno di insulti, banalità e pregiudizi.

Ma la guerra fra bande nuoce al dibattito democratico, perché impedisce il ragionamento e la riflessione pacata e fa di tutta l’erba un fascio. Questa guerra fra bande, poi, è ancora più dannosa di altre, perché implica un ulteriore allontanamento dei cittadini dalle istituzioni. Un aumento della sfiducia generalizzata.

È chiaro infatti che dire «io sto dalla parte dei magistrati» è molto semplice: i magistrati di Palermo lottano contro i mafiosi cattivi, dunque loro sono buoni e fanno solo cose giuste. Io sono buono, dunque sto con loro. Ma tutto ciò cosa implica? che Napolitano è cattivo? Ecco allora che si insinua la sfiducia nel Capo dello Stato, che finora invece godeva dei massimi consensi. Ecco allora che «non se ne salva nessuno», come ripetono in molti. D’altra parte, è intervenuto a difenderlo pure Monti, responsabile di tasse e sacrifici (dunque se non cattivo, almeno cattivello) e se pensiamo che è stato Napolitano a chiamare Monti, be’ è chiaro che «sono tutti una combriccola», no?

Se poi non me la sento di pensare il peggio del presidente Napolitano, finisco in un vicolo cieco: non posso stare né con lui (perché implica stare contro i magistrati, cosa che non voglio), né con i magistrati (perché implica pensare il peggio di un presidente che gode della mia fiducia). Il risultato è una gran confusione in testa e una sfiducia ancora più generalizzata, perché non riuscendo a prendere posizione finisco per non fidarmi di nessuno, né del Capo dello Stato né dei magistrati.

Scriveva Zagrebelsky nel suo editoriale su Repubblica del 17 agosto: «È davvero difficile immaginare che il presidente della Repubblica, sollevando il conflitto costituzionale nei confronti degli uffici giudiziari palermitani, abbia previsto che la sua iniziativa avrebbe finito per assumere il significato d’un tassello, anzi del perno, di tutt’intera un’operazione di discredito, isolamento morale e intimidazione di magistrati».

Difficile anche immaginare che Napolitano – e Monti dopo di lui – prevedessero l’ulteriore ondata di sfiducia nelle istituzioni e confusione che tutto ciò avrebbe comportato. Perché non l’hanno immaginato? Per l’ennesima sottovalutazione, da parte dei politici italiani fin nelle massime cariche, dei meccanismi di funzionamento della comunicazione di massa. Che i media invece ben conoscono e usano a loro vantaggio. Allora sono i media, a essere cattivi? No, fanno il loro mestiere.

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