Un cartello con scritto “Casa d’ospitalità San Francesco” e 27 anni di accoglienza offerta a chi piangendo e pregando chiedeva di poter avere un tetto sopra la testa ad un prezzo di cortesia. Una situazione precaria, ma della quale tutti erano a conoscenza. Questa l’altra versione della storia dei ventidue “loculi” sotto la Chiesa di San Francesco d’Assisi a San Lazzaro, alle porte di Bologna, sotto accusa per aver ospitato e a pagamento, in condizioni insalubri e di scarsa sicurezza decine di persone, il più delle volte parenti dei pazienti del poco distante ospedale Bellaria. 

Ventidue stanze nel sottosuolo ricavate nell’ex magazzino della parrocchia, con piccole finestre e un impianto per immettere aria artificiale: all’interno brandine e un cucinotto per preparare il caffè e poco più. Una situazione scoperta dopo la denuncia da parte di alcuni medici del Servizio di continuità assistenziale, che a marzo scorso sono intervenuti in seguito alla chiamata di una donna che viveva in quelle stesse stanze e che si era sentita male. Da lì, l’accusa di abuso edilizio secondo Comune e Procura e l’indagine a carico dell’ex parroco don Filippo Naldi, colui che avrebbe dato il via alla pratica dell’accoglienza nel “magazzino”.

Ma i conti non tornano. Ventisette anni di attività, una targa in bella vista a fianco degli edifici della scuola materna e ventidue locali che nel corso degli anni hanno potuto ospitare numerose persone. “Tutti sapevano, – dice un testimone che preferisce rimanere anonimo, – Comune e Asl in primis. La donna che ha sporto denuncia era stata accolta proprio in seguito ad una richiesta delle istituzioni per farla ospitare dalla parrocchia. Era un punto di riferimento per le emergenze e tutti lo conoscevano”. Dichiarazioni pesanti, che rendono ancora più confusa la storia che all’inizio vedeva come unico aguzzino il prete del paese, in veste di affittuario speculatore e che ora presenterebbero una struttura per le emergenze alla cui porta in tanti andavano a bussare.

“Nessuno ha mai fatto niente di nascosto – dice monsignor Gian Luigi Nuvoli, economo dell’Arcidiocesi di Bologna, arrivato a San Lazzaro solo per portare la sua solidarietà a don Filippo Naldi – e bisogna dire che dal primo momento in cui siamo venuti a sapere di questa attività abbiamo domandato al prete di smetterla. Non si poteva continuare in quel modo: le stanze non erano a norma e non si poteva ospitare nessuno a quelle condizioni anche se le cause erano nobili. Noi lo diciamo sempre ai nostri curati: non si può più fare la carità come un tempo, prima viene la burocrazia e bisogna stare alle regole. Certo non vogliamo condannare nessuno, perché il parroco ha agito solo mosso da compassione. Sono venuto fin qui oggi, per dimostrargli che la Chiesa gli è vicino e non accetterà questo accanirsi contro di lui come se fosse l’unico colpevole”.

Don Naldi, ora sostituito da don Giovanni Benassi, ha ottant’anni e ogni tanto torna nella sua parrocchia per celebrare la messa. Venuto a conoscenza della denuncia, sta preparando un promemoria ufficiale per presentare la sua difesa che, probabilmente, rivelerà altri retroscena.

 Nel frattempo il Comune si difende, dichiarando di aver scoperto la situazione solo dopo la denuncia: “Siamo intervenuti subito”- dichiarano i rappresentanti delle istituzioni commentando l’ordinanza della scorsa primavera, – “per interrompere questo tipo di attività. Abbiamo agito con sollecitudine, in collaborazione con i servizi dell’Asl. Anche l’attività caritatevole ha delle regole, capiamo gli intenti ma non possono giustificare la situazione”. Queste le parole che accompagnano l’ordinanza emessa dal Comune con cui si ingiunge al nuovo parroco don Giovanni Benassi “la non prosecuzione di attività non conforme”. Il pm Morena Salsi ha scritto sul registro degli indagati l’ex parroco, perché l’attività di abuso edilizio negli spazi sarebbe da far risalire a prima del 2006, anno in cui don Benassi ha sostituito don Naldi. Anche se la versione non coincide con quanto dichiarano i rappresentanti della curia: “Gli spazi, – racconta monsignor Nuvoli – coincidono con gli ex locali della parrocchia, in uso fino a pochi anni fa. Certo erano altri tempi e bisogna adeguarsi alle regole, però sia chiaro che nessuno ha costruito quei locali per guadagnare da presunti affitti. Il poco denaro richiesto era un semplice rimborso spese”. Ora si attendono le reazioni dell’ex parroco ottantenne che Nuvoli descrive debole e molto provato dalla situazione. Quello che è certo è che i nuovi elementi emersi rendono ancora più ambigua la vicenda e difficile individuare le responsabilità dei protagonisti.

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