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Fango sui pm, la storia che si ripete(?)

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Stasera ho visto e sentito due personaggi pubblici, in due situazioni diverse, fare la stessa cosa: attaccare la procura di Palermo, nelle figure di Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo.

Nel primo caso, ho avuto il dispiacere di vedere un individuo come Filippo Facci dare lezioni di mestiere al dottor Ingroia, spiegandogli con i suoi soliti modi arroganti quello che un magistrato dovrebbe e non dovrebbe fare, fino ad arrivare addirittura a dirgli: “il suo mestiere non è smuovere le coscienze!” Perché per Facci ovviamente c’è un mestiere che si occupa proprio di quello, di smuovere le coscienze, perché per lui non sono i cittadini, qualsiasi mestiere facciano, ad avere quel diritto e quel dovere. O forse per lui è appropriato solo quando, a farlo, sono i suoi amici, o meglio, capi. Il famoso movimento di coscienze a senso unico.

Poi è arrivata la perla di Enrico Deaglio, in un video del FattoQuotidiano.it dove, ricordando il depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio e il falso pentito Scarantino, lo scrittore ci mette in guardia dai pericoli che corre l’indagine sulla cosiddetta trattativa (ma dobbiamo ancora chiamarla “cosiddetta”?) facendo chiare accuse: “…per esempio uno dei due magistrati che adesso firma l’inchiesta sulla trattativa, che è Di Matteo, era stato anche pubblico ministero per l’inchiesta di Scarantino”. Scomparsi in meno di dieci secondi di intervista tutto il lavoro svolto dal procuratore Nino Di Matteo, la condanna di Totò Cuffaro, le indagini sulla trattativa e, notizia di ieri, la richiesta di 8 anni di carcere per l’ex ministro Saverio Romano. Senza parlare di tutte le posizioni forti e decise prese da presidente dell’Anm di Palermo. Ma potremmo andare avanti fino allo sfinimento nell’elencare i risultati del suo coraggio e del suo lavoro.

Devo ammettere che stento a crederci. Eppure Salvatore Borsellino sono mesi che lo dice, che tira una brutta aria, che si stanno ripetendo esattamente le stesse dinamiche degli anni e dei mesi precedenti la morte di Falcone e di suo fratello. Gli attacchi velati, poi meno velati, la delegittimazione, l’isolamento… la politica, la magistratura, gran parte della carta stampata e dei media e la mafia, tutti insieme appassionatamente contro certi giudici.

Ora stiamo iniziando a sapere cosa facevano, alle spalle di tutti gli italiani, coloro che attaccavano Falcone e Borsellino e il pool. E sappiamo tutti che fine hanno fatto quei giudici.

Posso solo sperare, per loro e per l’Italia, che la sensazione di Salvatore sia sbagliata.

Federica Fabbretti

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