Scommettiamo un centone che non vi verrà in mente nessuno che abbia raccontato il rapporto uomo-donna al cinema come Nora Ephron? Certo, la regista americana morta oggi a 71 anni lo ha fatto a modo suo, usando la tipica commedia americana. Niente cinema d’autore difficile da capire, niente melò stile nouvelle vague o sottotesti complicati dal sapore esistenzialista. Ma la sceneggiatura di “Harry ti presento Sally”, diretto da Rob Reiner, è davvero il manifesto dell’interazione tra i due sessi. Billy Cristal e Meg Ryan hanno messo in scena un vero e proprio trattato di psicologia, perché in ogni fotogramma di quel film c’è un pezzo di ognuno di noi, del nostro rapporto problematico ma irrinunciabile con l’altro sesso. L’orgasmo simulato della Ryan al ristorante non è forse una delle scene più famose della storia del cinema? Lo zenit dell’estro creativo della Ephron si era manifestato con quel film, ma prima e dopo quel 1989, la regista americana aveva continuato a scandagliare l’Amore, quello con la A maiuscola, magari molto americano e americaneggiante nelle sue manifestazioni, ma non per questo meno genuino.

Già nel 1983, con Silkwood”, aveva raccontato la storia vera di un’attivista ambientalista, problematica ma determinata, interpretata da una splendida (e come ti sbagli) Meryl Streep.

Nel 1992 aveva diretto “Insonnia d’amore”, film con Tom Hanks e Meg Ryan, gli stessi attori con i quali avrebbe girato, qualche anno dopo, “C’è posta per te”.

E proprio Meg Ryan, fidanzatina d’America, è stata la musa del cinema della Ephron. Nessuno meglio di lei avrebbe potuto incarnare le speranze e le contraddizioni femminili. Quel viso angelico, accompagnato da una forte determinazione e un innegabile spirito indipendente, è il simbolo di una generazione. Guardando la Ryan oggi, trasformata da pessimi interventi di chirurgia estetica, ci si rende conto che quella generazione forse ha perso l’innocenza, i sogni, le speranze di un lieto fine.

E i film della Ephron hanno indubbiamente risentito di questo clima mutato all’interno dell’universo femminile. Nel 2005 dirige “Vita da strega”, film mediocre con una Nicole Kidman molto al di sotto delle sue possibilità, ma nel 2009 torna con un piccolo capolavoro della commedia: quel “Julie & Julia” che darà a Meryl Streep l’ennesima nomination all’Oscar.

Donne ovunque, nelle pellicole di Nora Ephron. Donne diverse, dalle mille sfaccettature, ma padrone del loro destino. Il femminismo della regista americana era rivoluzionario proprio perché non attingeva dagli stereotipi degli anni Sessanta, quelli della donna “strega” e nemica degli uomini, la femmina che urlava “l’utero è mio e lo gestisco io”, che non aveva bisogno del rapporto con l’altro sesso per essere felice. Indipendenti, libere e determinate, ma che si completavano proprio in coppia: ecco le donne di Nora Ephron, ecco le donne di celluloide che hanno segnato una generazione.

E da oggi in poi, riguardando l’espressione di plastica dell’ex fidanzatina d’America Meg Ryan, sentiremo la mancanza di Nora Ephron, dei suoi film e dell’illusione dell’Amore vero che ci ha fatto sognare per due decenni. Un genio dietro la macchina da presa che forse alla fine ci ha presi un po’ in giro: ha fatto credere alle donne che l’amore vero esiste e agli uomini di poter capire l’universo femminile.

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