Ed infine la cosidetta ‘area Schengen’ – ovvero “lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia” – creata nel 1986 con il Trattato di Schengen (in seguito integrato dal Trattato di Amsterdam e dal Trattato di Maastricht) al fine di consentire la libera circolazione degli abitanti dei paesi firmatari, sta per essere smantellata miseramente. La falla aperta ieri dai ministri degli Interni dei paesi che hanno sottoscritto il Trattato è di quelle che non si possono arginare. Essi hanno approvato all’unanimità una richiesta di deroga al Trattato Schengen che consente la possibilità di chiudere le frontiere nazionali in caso di “circostanze eccezionali”. Tale espressione, nelle intenzioni dei ministri, si riferisce prevalentemente ai movimenti migratori “incontrollati” ed “eccezionali” dal punto di vista numerico, ma potrebbe adattarsi a molti altri contesti.

Il primo segnale nella direzione di ripristino delle frontiere interne da parte dei governi firmatari del Trattato si ebbe l’anno scorso, dopo l’incontro bilaterale del 26 aprile 2011 tra Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy. Già in quella circostanza fu sottolineata l’intenzione di esercitare pressione sulle istituzioni europee affinchè fosse consentito agli Stati dell’area Schengen la possibilità di ripristinare il controllo delle frontiere interne in caso di “eccezionali circostanze”. Gli stranieri giunti in Italia nei primi mesi del 2011 erano stati più di 25 mila, provenienti prevalentemente dalla Tunisia e dalla Libia, specie dopo la guerra scatenata dalla Nato e dai “volenterosi” in quel paese. Di sicuro una cifra ben inferiore rispetto a quel “fino ad un milone e mezzo” annunciato in modo allarmistico dall’Agenzia europea per il controlo dei confini (Frontex), ma nonostante ciò la circostanza fu considerata ugualmente “eccezionale”, sia da parte del governo italiano che da quello francese.

Sembrava che le richieste di Berlusconi e Sarkozy non avessero avuto un seguito, ma il il 17 aprile 2012, quando il tedesco Sueddeutsche Zeitung pubblicò una lettera dei ministri degli Interni della Francia e della Germania, indirizzata alle istituzioni europee, per chiedere una deroga alle regole del Trattato di Schengen, affinchè fosse consentito agli Stati di sospenderlo per almeno 30 giorni (in un non meglio specificato “caso di bisogno”), tutto è apparso molto più chiaro. L’intenzione di ripristinare le frontiere interne non era dunque una stravagante richiesta dei due ex capi di governo (Berlusconi e Sarkozy), ma di tutti i governi europei che actualmente fanno parte dell’area Schengen.

Cosa cambierà nella vita degli stranieri? Non molto. Per loro i confini nazionali sono sempre stati degli ostacoli dificilmente aggirabili, posto che la loro condizione giuridica è determinata in gran parte dalle legislazioni nazionali. A cambiare in peggio, questa volta, sarà la vita dei cittadini comunitari. Con il pretesto dell’ “emergenza immigrazione”, i governi europei stanno cercando di reintrodurre limitazioni alla mobilità interna dei lavoratori europei. Se a questa tendenza non sarà posto un freno da parte delle altre istituzioni europee, ben presto avremo notizie di leggi che impediranno o renderanno difficile la mobilità, il soggiorno ed il lavoro dei cittadini in altri paesi comunitari. In Inghilterra, l’attuale governo sta già studiando di introdurre limitazioni di questo tipo (in ogni caso, bisogna precisare che l’Inghilterra non fa parte della zona Schengen).

La ragione di fondo di tutto ciò, ad avviso di chi scrive, non è la paura dell’ “immigrazione incontrollata”, ma la crisi economica che attanaglia l’Europa. Una crisi che, giorno dopo giorno, sta cancellando molte “certezze” europee: la libertà di movimento interno, il mercato interno, l’Euro…

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