E’ stata una delle giornate politicamente più intense per la Siria, da quando, ormai quasi un anno fa, sono iniziate le manifestazioni e le proteste contro il regime del presidente Bashar Assad. A partire dalla richiesta francese di creare un corridoio per evacuare i giornalisti rimasti sul campo e dalla nomina dell’ex capo dell’Onu Annan a ruolo di mediatore per fermare le violenze.

Gli eventi si sono svolti tra New York, Tunisi e Damasco, con una importante appendice nella capitale egiziana, Il Cairo. Nella metropoli statunitense, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, di concerto con il segretario della Lega Araba, Nabil Al Arabi, ha nominato Kofi Annan inviato speciale per la Siria. Annan, predecessore di Ki-Moon alla guida dell’Onu e premio Nobel per la pace nel 2001, avrà il difficilissimo compito di “fermare la violenza e le violazioni dei diritti umani – recita la nota dell’Onu – e di promuovere una soluzione pacifica alla crisi”. Per raggiungere questo obiettivo, Annan “dovrà tenere un dialogo internazionale con tutte le parti coinvolte, tanto in Siria quanto all’estero, con l’obiettivo di alleviare la crisi umanitaria e facilitare un processo di pace verso una soluzione politica che includa le legittime aspirazioni democratiche del popolo siriano, che deve essere raggiunta attraverso il dialogo tra il governo siriano e l’intera gamma delle forze di opposizione”. Un mandato abbastanza “neutrale” da convincere perfino Mosca e Pechino a dare la loro benedizione. Hong Lei, portavoce del ministero degli esteri cinese, ha detto in una conferenza stampa a Pechino che la Cina “sostiene” la missione di Annan. Stesso sostegno è arrivato da un comunicato pubblicato sul sito ufficiale del ministero degli esteri russo.

Il sostegno russo e cinese non c’è invece per l’altro evento del giorno, la conferenza internazionale degli “Amici della Siria” riunita a Tunisi su impulso della Turchia. Partecipano i rappresentanti di molti paesi arabi, delle diplomazie europee e statunitense (per l’Italia c’è il ministro degli Esteri Giulio Terzi) e le forze dell’opposizione siriana. Il Consiglio nazionale siriano, principale gruppo degli oppositori ad Assad, spera di uscire dalla conferenza con un riconoscimento ufficiale come “legittimo interlocutore e rappresentante del popolo siriano”, ma soprattutto con un sostegno più concreto per le forze di opposizione, in difficoltà dopo undici mesi e mezzo di durissima repressione e almeno 7 mila morti. Non è detto che il riconoscimento arrivi, visto che ci sono altri gruppi esterni al Cns che temono invece che le richieste del Cns, tra cui la possibilità di aiutare militarmente i ribelli, per i singoli paesi che vogliano, possano ulteriormente esacerbare la guerra civile strisciante. E se la Turchia, attraverso il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu, ha esortato Assad a “collaborare con Annan per porre fine al bagno di sangue e alle lacrime”, il presidente tunisino Moncef Marzouki ha chiesto “l’invio di una forza araba in Siria per portare sicurezza e permettere l’arrivo di aiuti umanitari”. Una posizione condivisa dall’emiro del Qatar, Hamed Bin Yasmin, che ha esortato anche le opposizioni siriane “a unirsi” e ha chiesto una commissione di inchiesta sulle atrocità commesse dalle truppe regolari e dalle milizie filogovernative. La Francia, come già nel caso della Libia, spinge invece sull’acceleratore. Nel suo intervento alla conferenza di Tunisi, il ministro degli Esteri Alain Juppe ha detto che Parigi “considera il Cns un interlocutore legittimo attorno a cui deve organizzarsi l’opposizione”. Appena un gradino sotto il riconoscimento formale che venne dato a suo tempo al Cnt libico. Juppe ha anche usato il palco di Tunisi per lanciare un “appello solenne” al regime di Damasco affinché consenta l’evacuazione dei giornalisti stranieri rimasti ad Homs, tra cui la reporter francese Edith Bouvier, rimasta ferita nell’attacco al centro media del quartiere di Bab Amro in cui sono morti Marie Colvin e Remi Ochlik.

Fuori dal palazzo dove si teneva la conferenza, però, alcune centinaia di persone hanno manifestato a favore di Assad e la polizia tunisina è intervenuta quando la folla ha cercato di entrare nel palazzo e interrompere i lavori del summit. Un’altra manifestazione a sostegno del regime si è svolta a Damasco, mentre cortei di protesta ci sono stati a Idlib (nel nord del paese) e in altre città tra cui, Latakia, Banias e Jableh, nonché ad Aleppo, dove le forze di sicurezza hanno circondato l’università. A Homs, invece, è stata un’altra giornata di bombardamenti di artiglieria e colpi di mortaio, per un assedio che dura da oltre tre settimane. Secondo Al Arabiya, anche oggi ci sono state decine di vittime.

Infine, Il Cairo: in un discorso nell’università di Al Azhar, massimo centro dell’Islam sunnita, il leader del governo di Hamas nella Striscia di Gaza Ismail Haniya ha salutato “l’eroico popolo siriano che lotta per la libertà, la democrazia, le riforme”. Lo strappo tra il movimento islamico palestinese e Assad, che ne ha ospitato per anni la dirigenza in esilio, sembra essersi ormai consumato del tutto.

di Joseph Zarlingo

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