L’ad della Fiat Sergio Marchionne rilascia un’intervista al Corriere della Sera e sottolinea come “con il nuovo governo, in pochissimo tempo, l’Italia ha dato al mondo l’idea di un Paese che sta svoltando”. Per l’amministratore delegato di Fiat Chrysler il segnale più evidente del cambio di passo del nostro Paese si è avuto con la visita di Monti negli Stati Uniti dove “ha avuto un’accoglienza straordinaria: Monti è stato un’ora a colloquio con il presidente Obama, ha riscosso grandissima attenzione al Peterson Institute, il think tank più importante. L’America è un animale enorme, che tende a percepire tutti gli altri come piccoli. Non è facile che dia tanta importanza ai suoi ospiti”.

Sembrano passati, quindi, i tempi in cui l’amministratore delegato non incoraggiava i capitali internazionali ad investire in Italia dicendo che la Fiat non poteva crescere per colpa della Fiom. Ma Marchione non ci sta e ricorda: “Io non ho mai parlato male dell’Italia. Ho solo riconosciuto quello che non va perché era serio farlo nell’interesse della Fiat, che è un gruppo multinazionale, e, se permette, del mio Paese”. E comunque le problematiche restano e agli investitori stranieri l’ad Fiat consiglia di “investire man mano che le riforme del governo Monti andranno avanti”.

Un’analisi attenta viene riservata al mercato del lavoro interno: sull’articolo 18 dice: “Ce l’ha solo l’Italia. Meglio assicurare le stesse tutele ai lavoratori in uscita in modi diversi, analoghi a quelli in uso negli altri Paesi. Diversamente, le imprese estere non capiscono e non vengono qui a investire”. E sugli attori che se ne occupano ribadisce il suo appoggio a Bombassei come successore di Emma Marcegaglia alla guida di Confindustria: “Stimo Bombassei come persona e come imprenditore e credo sia in grado di cambiare radicalmente Confindustria che, come tutto il Paese, deve essere profondamente modernizzata”. Mentre non risparmia una stilettata alla Cgil: “Con Epifani si riusciva a ragionare di più. Camusso forse parla troppo della Fiat e di Marchionne sui media e troppo poco con noi”.

Sul futuro dei rapporti tra Fiat e Chrysler, per Marchionne, le ipotesi sono tre: “Un’offerta pubblica delle azioni Chrysler; la possibilità che Fiat compri e salga al 100%; che avvenga una fusione tra le due industrie che comporterebbe l’automatica quotazione di Chrysler”. Mentre al mercato continentale servirebbe che l’Euro si  indebolisse verso il dollaro e prodotti innovativi: “Chrysler è tornata al profitto ristrutturandosi, e cioè con le sue forze. Il primo modello a tecnologia Fiat è la Dart che cominceremo a vendere adesso”.

Per quanto riguarda gli stabilimenti oggi attivi in Italia, Mirafiori, Cassino, Atessa, Melfi e Pomigliano, l’ad Fiat non ha dubbi: “staranno tutti al loro posto” se le cose andranno come devono andare. “Abbiamo tutto per riuscire a cogliere l’opportunità di lavorare in modo competitivo anche per gli Stati Uniti, ma se non accadesse dovremmo ritirarci da 2 siti dei 5 in attività” aggiunge Marchionne, che conclude con un appello al governo: “Mi attendo che non dia altri incentivi alle rottamazioni. E’ vero, in passato li abbiamo chiesti anche noi. E abbiamo fatto male. Anche perché hanno sostenuto al 70% le vendite dei concorrenti”.

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