Scaffali spogli, riforniture inesistenti, dipendenti con le tasche miseramente vuote. In una parola crisi. Quella che sta inghiottendo e lasciando un velo di desolazione in tutti i Plenty Market di Bologna, Provincia e non solo. Ferrara, Ravenna, Cesena, per un totale di 19 punti vendita in tutta la Regione, di cui sette discount Plenty ed Ecu, si aggiungono uno dopo l’altro, per estendere a macchia di leopardo il vortice critico in cui sembrano essere piombati i market targati Massimo Dall’Olio, il primo, tra gli imprenditori bolognesi, ad aver coniato l’idea di market piccoli per acquisti ‘super veloci’, aperti anche di domenica,. Un modello che pare non aver retto il peso della crisi, lasciando così più di 200 dipendenti senza stipendio da ormai quasi due mesi. Mancano all’appello infatti le retribuzioni di dicembre, corrisposta solo in parte, gennaio, alle quali con ogni probabilità si aggiungerà anche quella di febbraio. Ma c’è di più. Perché gli scaffali, dai salumi agli ortaggi, si stanno lentamente svuotando, lasciando così il negozio in una veste paradossalmente spoglia. Chiaro sintomo che i Plenty market, per alcuni il fiore all’occhiello dei negozi di alimentari bolognesi, sono al verde.

“Già nell’ultimo anno – racconta un dipendente del Plenty market– ci pagavano lo stipendio rateizzato, ovvero i due terzi ci venivano dati a metà mese e la parte restante a fine mese. Poi negli ultimi tempi il crollo totale. A dicembre nel pieno del periodo di festività siamo rimasti senza retribuzione, la tredicesima non l’abbiamo vista e chissà se mai la vedremo, insieme agli stipendi di gennaio e febbraio. I fornitori si vedevano sempre meno fino ad arrivare ad oggi dove ci troviamo costretti a dire ai clienti che la merce non arriverà più”. Parole cariche di desolazione e di rabbia, per vedere il proprio lavoro svuotarsi di significato, giorno dopo giorno. “Ormai abbiamo perso l’80% dei clienti, se un prodotto non lo trovano qui è logico che vanno in un altro negozio. La cosa che più fa rabbia è che dall’azienda non abbiamo nessuna notizia, siamo in un limbo. Non sappiamo se saremo venduti, se saremo messi in cassa integrazione. Davanti a noi c’è il nulla”. E aggiunge: “Non ci fermiamo qui, siamo pronti ad organizzare dei presidi se non ci verranno date chiare risposte circa gli stipendi arretrati e il futuro che ci aspetta”.

Una situazione critica, che aveva già iniziato a tessere i primi segnali di allarme nei mesi scorsi, quando, 8 punti vendita Plenty erano stati acquisiti da Coop. Ci si chiede quindi, se lo stesso destino toccherà anche ai punti vendita rimasti aperti a Bologna e Provincia.

“Non abbiamo ancora notizie certe da parte dell’azienda – dichiara Debora Cervi della Filcams-Cgil – sappiamo che c’è la volontà di restare sul mercato anche se a fatica, vista la situazione critica. Dopo la nostra minaccia di dare vita ad un presidio proprio di fronte ad uno dei punti vendita, sono state versate ai lavoratori due tranche di 500 euro per lo stipendio di dicembre, che vanno a completare quello dei part-time, mentre i full-time devono attendere un’altra tranche. Pareva ci fosse nei giorni scorsi l’intenzione di realizzare la cessione di alcuni negozi alla società Bodal ma al momento è stato tutto bloccato. Attendiamo l’incontro che si terrà mercoledì con l’azienda nella sede del gruppo Plenty Market di Budrio per avere maggiori delucidazioni sulla strategia che intenderà seguire Dall’Olio, anche per un’eventuale attivazione della cassa integrazione”.

Dai piani alti dell’azienda tutto tace. Massimo Dall’Olio, contattato da Il Fatto Quotidiano.it, si è limitato a un no comment: “Non voglio rilasciare alcuna dichiarazione perché verrei mal interpretato e in passato mi sono state messe in bocca delle cose che non corrispondevano a quanto da me dichiarato”. Peccato che una simile scelta sia stata messa in atto proprio quando 200 lavoratori rischiano di perdere il lavoro. O forse l’hanno già perso.

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