Antonio Ingroia è procuratore aggiunto a Palermo; si occupa di mafia da molti anni. È indipendente, autonomo e molto bravo; sarebbe a dire che non guarda in faccia a nessuno, e quello che deve fare lo fa bene. Così, quando gli è capitato di occuparsi del patto mafia-Stato, ha scoperchiato molti sepolcri imbiancati e ha dato fastidio a un sacco di gente. Un bel giorno è stato invitato a un congresso del Pd per parlare di mafia (mafia, non le indagini che sta conducendo su cui non ha detto mezza parola), lo ha fatto e gli è capitato di dire che lui è partigiano della Costituzione e che, in particolare, non condivide leggi (dichiarate incostituzionali) che prevedono immunità per pochi privilegiati perché violano il principio di uguaglianza.

È successo un casino, B. & C lo hanno seppellito di critiche e il Csm ha aperto un procedimento per trasferirlo ad altra sede. Si prevede anche di segnalare alla Commissione del Csm che si occupa delle valutazioni di professionalità dei magistrati (è bravo, laborioso, onesto, imparziale etc etc?) la frase “sono partigiano della Costituzione” perché ne tenga conto al momento opportuno. Pensiamoci un po ’ su.

1) La frase pronunciata da Ingroia dovrebbe incidere negativamente sulla sua professionalità. Un magistrato che ritiene sua guida la Costituzione non sarebbe professionalmente affidabile. Mi pare assurdo.

2) Secondo l’opinione di alcuni componenti del Csm, presentarsi come “partigiano della Costituzione” non è di per sé criticabile; anzi è cosa buona e giusta. Ma poiché una parte politica (B. & C) aveva tentato modifiche alla Costituzione, ciò avrebbe obiettivamente pregiudicato l’immagine imparziale del giudice. Insomma Ingroia, professandosi “partigiano della Costituzione” si sarebbe descritto come avversario politico di B. & C. Il che, in soldoni, vorrebbe dire che certe frasi si possono pronunciare o no a seconda di quello che dicono i politici: il giudice dovrebbe tenerne conto prima di esprimere le sue idee. Mi pare assurdo.

3) I giudici non devono esprimere opinioni politiche; e tale sarebbe dichiararsi “partigiano della Costituzione”. Ai giudici però compete la valutazione di conformità delle leggi alla Costituzione e, se del caso, l’eccezione di illegittimità costituzionale. Non dovrebbero considerarla il loro punto di riferimento? Mi pare assurdo.

4) I giudici non devono esprimere opinioni tout court? E l’articolo 21 della Costituzione? Mi pare assurdo.

5) I giudici non devono andare a congressi di partito. La cosa avrebbe un senso se fosse declinata in modo diverso: non devono andare ai congressi di un solo partito. Invece è opportuno che vadano ai congressi di tutti i partiti e portino il contributo della loro professionalità ed esperienza. Certo, bisogna che i partiti li invitino; mentre, d’abitudine, fanno parlare solo quelli con cui sono d’accordo. Nell’attesa che i partiti adottino comportamenti virtuosi i giudici dovrebbero astenersi dal condividere le loro conoscenze con chi glielo chiede? Mi pare assurdo.

6) Un correntocrate importante, Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm, parlando a un convegno organizzato da Nichi Vendola, ha detto: “Questa maggioranza non ha la legittimazione storica, politica, culturale e anche morale…”. Affermazioni molto più “partigiane” di quella di Ingroia. Ma nessuna pratica nei suoi confronti è stata aperta dal Csm. Perché è un correntocrate? O perché non si sta occupando del patto mafia-Stato?

Il Fatto Quotidiano, 17 febbraio 2012

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