Bologna bandisce i video poker e le slot machine. Mentre lo Stato continua a finanziare e a promuovere il gioco d’azzardo, da cui ricava ricche percentuali, il Comune del capoluogo emiliano ha iniziato oggi un iter che potrebbe portare presto all’eliminazione dei dispositivi da tutti i locali in cui è proprietario o socio.

La commissione sanità ha votato unanime: la città deve dare l’esempio. Come? Con l’eliminazione delle macchinette mangia-soldi da tutti i luoghi pubblici o a partecipazione comunale, suggerita da Benedetto Zacchiroli, consigliere del Partito democratico. Le prime a essere interessate dal provvedimento sono quelle attualmente collocate all’Aeroporto Marconi, nelle zone destinate all’arrivo e al ritiro bagagli proprio accanto agli uffici della dogana. Bandirle, magari agendo attraverso i propri uomini nel consiglio di amministrazione dello scalo, potrebbe essere questione di giorni o settimane.

Non solo: se si eccettua un’iniziale avventura di Ravenna, Bologna è la prima città in Italia a considerare il fenomeno “azzardo” come una vera e propria malattia. Una malattia che nello Stivale vede un giro d’affari di 76 miliardi di euro, oltre mille euro in media a testa per cittadino: il record nel Vecchio Continente. Per questo Palazzo d’Accursio ha già iniziato a pensare a finanziamenti, assieme alla Ausl, per combattere il dilagare della dipendenza.

Seguendo il percorso tracciato dalla Regione Emilia Romagna, che con una delibera dell’11 luglio 2011 aveva introdotto la “ludopatia” tra le dipendenze riconosciute a livello patologico, il Comune ha deciso di prendere le distanze dalla politica nazionale e intervenire in maniera più efficiente sulla prevenzione. “Per molti, specie per le fasce più a rischio, con un reddito inferiore alla media, il gioco è una corsa verso la speranza – spiega il consigliere Corrado Melega – ma in realtà nessun tipo di gioco d’azzardo, come il gratta e vinci o il video poker, è fatto per consentire la vincita, ma solo per risucchiare il giocatore in un circolo vizioso che inizia con qualche piccolo successo, per poi declinarsi in perdite sempre più ingenti”.

La pratica del gioco d’azzardo legalizzato in Italia ha già contagiato circa 800 mila persone, due milioni quelle a rischio. Dei “malati” 62 mila sono emiliano romagnoli. Si tratta di individui che, dipendenti in tutto e per tutto, hanno perso la casa, il lavoro e spesso anche la famiglia. Per questo la commissione comunale ha aperto i lavori con un attacco alla politica nazionale, accusata da maggioranza e opposizione di aver favorito il dilagare di una dipendenza dai costi sociali altissimi. Il gioco d’azzardo compulsivo, hanno concordato i consiglieri, è una patologia che ora va affrontata in campo medico.

“È un momento importante di cui ci sentiamo orgogliosi”, ha commentato Claudia, della Gam Anon, l’associazione dei famigliari dei giocatori anonimi. “Riconoscere la ludopatia come una patologia è un passo che auspicavamo da tempo. Se ogni comune desse il suo contributo, si potrebbe davvero intervenire anche a livello preventivo, per evitare che i giocatori occasionali, anche quest’anno in forte aumento (circa 4 milioni solo in regione), divengano dipendenti. E che i compulsivi siano abbandonati in una situazione alienante che li porta spesso a mescolare questa dipendenza alle altre già note, alcol e droga”.

Sotto accusa in particolare è il poker online, a domicilio e accessibile attraverso siti internet su cui le istituzioni non possono intervenire. Sulle macchinette installate in bar e tabaccherie, i gratta e vinci e le varie modalità di scommessa, invece, non sarebbe difficile esercitare maggiore controllo. Sono tutti concordi i consiglieri nel puntare il dito contro uno Stato liberalizzatore “diviso da un conflitto di interessi che dal 1992 lo ha portato, da un lato, a favorire e pubblicizzare il settore come fonte di profitto, per esempio riducendo la pressione fiscale dal 30 % al 15 %, dall’altro a destinare risorse nel recupero di coloro che, giocando, divengono dipendenti”.

“I giovani oggi sono particolarmente a rischio”, ha aggiunto la dottoressa Cristina Zambon, del dipartimento per i servizi sociali del Comune di Bologna, “perché abbiamo riscontrato che l’utilizzo dei videogiochi non solo genera una dipendenza a sé stante, spesso legata a un uso compulsivo di consolle e internet, ma causa anche patologie collegate all’azzardo”.

Il problema del gioco ha molte altre sfaccettature oltre a quella primaria legata alle sorti di chi diviene dipendente. Per esempio la legalità, fortemente minacciata da una presenza massiccia della criminalità organizzata, che utilizza il gioco come una “lavatrice” con cui riciclare denaro sporco proveniente da altri traffici. Il mercato illegale del gioco d’azzardo, secondo un recente studio di Libera, raggiungerebbe i 10 miliardi di euro.

di Annalisa Dall’Oca e David Marceddu

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