Ieri Loredana Capone (Pd, attuale vicepresidente della Regione Puglia) ha vinto le Primarie del centrosinistra per la carica di sindaco di Lecce. Proforma, l’agenzia per cui lavoro, ne ha seguito strategia e comunicazione. Voglio raccontarvi un episodio di questa campagna elettorale che secondo me merita di essere oggetto di riflessione.

La candidatura di Capone è stata inizialmente ritenuta ‘problematica’. In molti si sono chiesti perché una figura centrale della giunta Vendola decidesse di rinunciare al proprio ruolo per tornare nella sua città, soprattutto dopo aver perso le primarie a Lecce cinque anni fa, dopo aver perso le elezioni provinciali nel 2009 e dopo essere stata eletta al consiglio Regionale (la donna più suffragata d’Italia) nel 2010. È stato il Partito Democratico a chiedere a Capone di intraprendere questo cammino e lei, non senza qualche perplessità iniziale, ha accettato.

A queste difficoltà ‘interne’ si aggiungeva un’altra variabile ben più nobile: la solidità della proposta politica e personale del suo avversario, Carlo Salvemini, ex segretario dei Ds, figlio dell’unico sindaco del centrosinistra di Lecce nel dopoguerra, protagonista di alcune importanti e scomode scelte personali (uscire dal Pd, rinunciare alla poltrona di consigliere comunale) per rimanere fedele alle sue idee e al suo convinto appoggio a Nichi Vendola (il quale, durante le Primarie, ha preferito mantenere una posizione di neutralità). Salvemini ha iniziato la sua campagna elettorale un anno fa e ha avuto tutto il tempo per ascoltare i cittadini, esplorare i quartieri, coinvolgere i giovani e lo straordinario substrato culturale di Lecce. Capone si è candidata a poco più di due mesi dalle primarie e, come potete ben intuire, si è affacciata alla competizione nel peggiore scenario di partenza possibile.

La complessità della competizione elettorale era stata resa ancora più problematica perché fuori da Lecce queste difficoltà non erano assolutamente percepite: secondo tutti gli osservatori pugliesi si trattava di una sfida senza storia, di una candidata forte contro un outsider, di Davide contro Golia.

La verità era invece profondamente diversa. A inizio dicembre è giunto il consueto momento del sondaggio. Sapevamo di essere indietro, non potevamo immaginare di esserlo di 32 punti percentuali. A questo punto abbiamo preso una decisione che è stata oggetto di infinite polemiche e controversie nel centrosinistra e che può persino apparire eretica agli occhi degli analisi politici: presentare  il sondaggio integralmente in conferenza stampa. La distanza era così iperbolica da aver indotto più di un sostenitore di Salvemini a ritenere il sondaggio falso. Ma la rilevazione, effettuata da Troisi Ricerche, è stata regolarmente certificata dal Dipartimento per l’Informazione del Governo, che lo ha pubblicato sul sito www.sondaggipoliticoelettorali.it come accade per tutte le rilevazioni ritenute affidabili.

Il -32 non era l’unico dato degno di nota: il sondaggio ci diceva che solo il 6% dei leccesi sapeva dell’esistenza delle Primarie, che Loredana Capone avrebbe vinto al primo turno in un testa a testa con il sindaco uscente (Paolo Perrone, centrodestra) e che lo stesso Perrone avrebbe battuto Salvemini.

Ma perché lo staff di Capone decide di rendere pubblico un ritardo di oltre 30 punti percentuali a 40 giorni dalle Primarie? Lo staff di Salvemini ha ritenuto che lo scopo fosse far leva sul ‘voto utile’, un concetto che oramai non ha più alcun appeal elettorale. Il nostro obiettivo invece era un altro ed era in linea con la nostra ipotesi iniziale: la vittoria di Capone sarebbe dipesa dal livello di impegno e unità del Pd. Pubblicare quei dati ha improvvisamente messo i dirigenti allerta, ha mostrato che il favorito era Salvemini (e Capone l’outsider), ha indicato una via strategica chiara (allargare la base elettorale invece che provare a strappare consenso all’avversario) e ha imposto al Partito un impegno totale per evitare una sconfitta che avrebbe portato strascichi a livello cittadino, provinciale e regionale. Con quel sondaggio non abbiamo parlato né all’avversario né ai cittadini, ma abbiamo messo i ‘nostri’ davanti alle loro responsabilità.

Alla fine Loredana Capone ha vinto le Primarie con 8 punti di vantaggio, rovesciando anche i dati dei sondaggi dell’ultima settimana, concordi su un leggero vantaggio di Salvemini. Quel -32% sbattuto in prima pagina a metà dicembre ha contribuito, contrariamente a tutte le teorie, a invertire il vento e a iniziare la rimonta.

Questa storia dimostra che i sondaggi negativi, se ben gestiti, non vanno nascosti ma possono servire per stimolare il proprio elettorato a dare il massimo per vincere
. Ed è una storia che, almeno per ora, non ha precedenti altrettanto eclatanti in Italia per entità dello svantaggio iniziale e capacità di recupero del candidato in ritardo.

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