“Posso definirmi tutto fuorché sorpreso”. Così risponde Arturo Parisi, dalla piazza antistante Montecitorio, pochi minuti dopo che la Consulta ha ufficialmente bocciato i referendum “antiporcellum”.

Uno dei più importanti leader referendari di area prodiana, in prima linea fin dalla fine di agosto 2011 per la raccolta firme si smarca dal caso, compiendo un passo di lato: “La nostra parte l’abbiamo fatta, raccogliendo 1 milione e duecentomila firme in pochissimo tempo. Spetta ai capipartito fare la loro. E, va detto, non vorrei essere nei loro panni”.

Scarto acidissimo per colui che non aveva lesinato critiche nei confronti dei dirigenti emiliano romagnoli del Partito Democratico, rei di titubanza nel concedere spazio durante le feste dell’Unità di settembre ai banchetti referendari: “L’allungarsi dell’attesa ci aveva fatto balenare qualche speranza, ma i pronostici che provenivano unanimi da tutto l’arco partitico parlamentare, erano così forti e convergenti per il no della Consulta da averci già fatto perdere ogni speranza”.

Parisi non è il primo a sottolineare come la bocciatura ai referendum sia arrivata prima di tutto dalla classe partitica seduta tra i scranni di Montecitorio: “Tutti i partiti hanno espresso in questi giorni la volontà di mutare la legge elettorale per via parlamentare. Per tutti sembra una riforma urgente. Noi speriamo comunque di ritrovarci alla vigilia delle elezioni con una legge per scegliere i nostri rappresentanti in parlamento che non sia più quello attuale”.

Un no che pare semplificare molto il lavoro e il consenso parlamentare per il prosieguo del governo Monti, ma che dimentica comunque la gran quantità di italiani che in nemmeno un mese è corsa a firmare in massa per l’abrogazione del Porcellum: “Siamo stati duri contro la casta e continueremo ad esserlo anche domani con i referendum facendo sentire la nostra voce dentro le istituzioni”. Un’occhiata poco più in là e a qualche centinaio di metri c’è Di Pietro che a gran voce richiama la gente a scendere in piazza: “La gente in piazza c’è già per tanti, troppi, motivi. Noi continueremo ad indicare delle prospettive istituzionali per il cambiamento politico del paese e invitiamo i cittadini a cercare strade ordinarie. Speriamo non ci si ritrovi a percorrerne di straordinarie”.

d.t.

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