Vendono i piccoli azionisti spaventati dal crollo delle quotazioni. Vendono gli investitori istituzionali che vogliono diminuire il peso del settore bancario nei loro portafogli. E infine vendono alla grande gli speculatori, a cominciare dagli hedge fund anglosassoni che, secondo quanto si vocifera in Borsa, sono riusciti ad aggirare il divieto di operazioni allo scoperto imposto dalla Consob mesi fa. Insomma, tutti vendono Unicredit e i prezzi, ovviamente, crollano. Ieri il titolo ha fatto segnare un calo dell’11,1 per cento, trascinando al ribasso l’indice della Borsa di Milano, giù dello 0,61 per cento. In tre giorni, da quando mercoledì mattina la banca milanese ha annunciato le condizioni dell’aumento di capitale da 7,5 miliardi che partirà dopodomani, la quotazione ha perso oltre il 37 per cento e cioè 4,5 miliardi di valore borsistico. Intorno ai titoli Unicredit si è scatenato un vero uragano di scambi. Nella sola giornata di ieri sono passati di mano titoli per quasi mezzo miliardo di euro. Dopo una partenza in picchiata con un ribasso superiore al 12 per cento, Unicredit ha recuperato terreno nel primo pomeriggio sull’onda del trading di brevissimo periodo, per poi sprofondare di nuovo nelle ultime ore di contrattazioni.

Tre sedute così negative lasciano poco spazio all’ottimismo per le prossime settimane. Settimane che saranno cruciali per il futuro del secondo istituto di credito nazionale a caccia di nuove risorse per rispettare i requisiti patrimoniali imposti dalle autorità di vigilanza europee. Da lunedì il gruppo guidato da Federico Ghizzoni invaderà il mercato con quasi 4 miliardi di nuove azioni e tanta abbondanza, ovviamente, stimola le vendite, perchè molti operatori preferiscono liquidare in tutto o in parte le loro azioni nella speranza di ricomprarle a prezzi di saldo nel giro di qualche giorno. Sta di fatto che il gran ribasso degli ultimi giorni ha quasi azzerato lo sconto garantito ai sottoscrittori delle nuove azioni, pari al 43 per cento del prezzo di mercato di martedì sera. E a peggiorare la situazione sono arrivate anche le pessime notizie sul possibile crack dell’Ungheria, un mercato dove Unicredit è attivo con oltre 100 filiali.

L’operazione che prenderà il via lunedì è la più imponente mai annunciata da una banca di italiana e capita in una fase di grande turbolenza per i mercati. Lo spread del Btp decennale sul Bund tedesco ieri è volato fino a superare quota 530 punti a conferma che i grandi investitori internazionali nutrono ancora molti dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico di Roma. Vendere le azioni bancarie tricolori non è altro che un modo di vendere l’Italia, visto che gli istituti di credito nazionali sono imbottiti di Btp. Ieri, per dire, hanno fatto segnare ribassi superiori al 4 per cento anche Intesa e la Popolare di Milano. Tra tante incertezze, l’aumento monstre annunciato da Unicredit è seguito dagli analisti come una sorta di test di tenuta per l’intero settore bancario in Europa.

In giro però c’è anche molta curiosità sulla possibile evoluzione degli assetti azionari del gruppo creditizio, che chiede denaro ai suoi soci per la terza volta in poco più di tre anni. Le Fondazioni azioniste hanno assicurato il loro sostegno, anche se alcune come Verona e Bologna limeranno la loro partecipazione, compresa tra il 3 il 4 per cento ciascuna. Torino, al 4 per cento circa, farà la sua parte per intero. Se si tiene conto anche delle quote arabe (Libici e il fondo Aabar) si arriva forse a stento al 25 per cento di sottoscrittori sicuri. Sul resto regna la massima incertezza. Come dire che da lunedì tutto può succedere, compreso l’arrivo di qualche nuovo grande azionista a sorpresa.

Il Fatto Quotidiano, 7 gennaio 2012

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