Il presidente della Repubblica Napolitano visita Barletta. Striscione in Via Roma

Disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni. Queste le accuse per le quattro persone poste questa mattina agli arresti domiciliari su disposizione del gip del tribunale di Trani Angela Schiralli. Un’altra persona è stata interdetta dall’attività professionale nell’ambito delle indagini sul crollo di una palazzina che a Barletta il 3 ottobre scorso provocò la morte di quattro operaie che lavoravano a nero in un laboratorio di confezioni e la figlia 14enne dei titolari del laboratorio stesso (leggi). Si tratta dei titolari della ditta esecutrice dei lavori, i fratelli Salvatore e Giovanni Chiarulli, materialmente a bordo dell’escavatore, dell’altro fratello Andrea, di 44, che li assisteva da terra, e di Cosimo Giannini, 58 anni, committente dei lavori e proprietario del cantiere edile, il quale non fece nulla per impedire quelle operazioni. Il provvedimento di interdizione alla professione, in via cautelare, riguarda l’architetto Francesco Gianferrini che progettò i lavori che dirigeva. Le esigenze cautelari a carico delle quattro persone ai domiciliari si basano sulla probabilità che possano “vista la gravità di quanto accaduto e la spregiudicatezza del modo in cui hanno operato, compiere ancora azioni simili”, ha detto il magistrato titolare dell’inchiesta, Giuseppe Maralfa, motivandone l’arresto.

Ai tecnici comunali indagati per il crollo della palazzina i militari di Barletta della Guardia di finanza hanno notificato un invito a rendere interrogatorio davanti al Gip per l’eventuale applicazione di provvedimenti interdittivi: sono accusati a vario titolo di condotte omissive quando erano state segnalate avvisaglie di cedimento.

“Quel crollo poteva essere evitato – ha detto il procuratore della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo – esso non è stato solo frutto di imperizia e imprudenza, siamo entrati nel terreno della colpa cosciente con comportamenti di estrema spregiudicatezza dei responsabili e nel disinteresse di chi doveva controllare”. A prova di ciò gli investigatori sono venuti in possesso di un video, realizzato il 28 settembre scorso, cioè cinque giorni prima del crollo, che definiscono “raccapricciante” in quanto evidenzia la spregiudicatezza con cui le pareti sono demolite, anche quelle adiacenti al laboratorio dove le si trovavano le quattro operaie e la ragazzina di 14 anni morte.

L’inchiesta della procura di Trani sul crollo della palazzina di via Roma ha accertato l’illegittimità delle opere demolitorie di quanto rimasto del preesistente stabile adiacente a quello crollato. Infatti, non solo vennero eseguiti lavori in difformità rispetto al piano di demolizione elaborato dall’Ufficio tecnico comunale (che prevedeva l’utilizzo di mezzi manuali e di piccole dimensioni e i puntellamenti atti ad impedire cedimenti o collassi del confinante edificio) ma furono fatti lavori di demolizione in assenza della ‘dia’ che originariamente esisteva ma era diventata inefficace dal primo febbraio 2011.

Tale condotta “imprudente ed imperita – sottolineano gli investigatori in una nota – veniva posta in essere dal titolare e dai dipendenti della ditta appaltatrice senza che venisse impedita dall’imprenditore proprietario del cantiere e dal direttore dei lavori, nonostante la comparsa nel confinante edificio, poi crollato, di gravi lesioni murarie”. L’attività illegittima di demolizione viene anche sottolineata dal particolare che sino a poco prima della sciagura nell’area era stata utilizzata una ruspa con benna. Con il mezzo erano state demolite le facciate a piano terra che “reggevano, sia in via Roma sia in via Mura Spirito Santo, l’edificio crollato e quello puntellato, dalla parte dei via De Leon ancora in piedi”.

Venerdì prossimo intanto, 9 dicembre, innanzi al gip del Tribunale di Trani, si terranno gli interrogatori dei quattro mentre il giorno successivo il gip sentirà i tecnici, dirigenti e funzionari comunali coinvolti nella vicenda per le loro presunte condotte omissive.

”La risposta della ‘squadra Stato’ a quanto accaduto a Barletta il 3 ottobre scorso è stata forte e repentina e quegli striscioni subito dopo i funerali, che chiedevano giustizia e verità, le stesse richieste avanzate dal capo dello Stato, Napolitano, sono stati importanti”, ha commentato il prefetto di Barletta, Carlo Sessa, nel corso della conferenza stampa nella Procura di Trani. Sessa ha poi anche ricordato la “macchina di vigilanza che si è messa in moto all’indomani del crollo per rinvigorire i controlli sulla regolarità nei rapporti di lavoro e dei requisiti di sicurezza nei luoghi di lavoro”. “Mai come in questo caso giustizia è sinonimo anche di celerità”, ha concluso.

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