Sono rimasti affascinati dalle parole di Giuliano Melani, l’intermediario finanziario che venerdì scorso ha lanciato a sue spese un appello sul Corriere della Sera per “ricomprare il debito pubblico” investendo in Btp. Ma non si tratta dell’adesione di politici o imprenditori, come quelle, per fare alcuni esempi, di Emma Marcegaglia, Giorgia Meloni, Italo Bocchino, Franco Marini o Giorgio Stracquadanio. Si tratta, invece, di cinque ventenni, studenti dell’Università di Bologna, che hanno letto con entusiasmo l’appello di Melani. “Finché qualcuno non fa qualcosa di grande, tutto rimane inerte. Per fortuna che lui si è mosso, e ora ci muoviamo noi”, dicono con soddisfazione.

Stefano Onofri, Matteo Monti, Marco Moschettini, Alessandro Cillario e Massimiliano Cristoni sono cinque studenti dell’Alma Mater, che hanno deciso di contribuire con una colletta all’acquisto del debito pubblico. Al termine delle lezioni universitarie, infatti, hanno raccolto le sottoscrizioni e le donazioni di altri studenti davanti alla facoltà di Economia, in via Ranzani a Bologna, per acquistare Btp di due anni, con soldi che poi verranno restituiti con gli interessi. Hanno, inoltre, creato un sito internet (ognipromessaedebito.com) nel quale viene data la possibilità di inserire le foto delle “ricevute di acquisto dei BOT, di registrare l’importo di titoli che avete acquistato per sapere a che punto siamo arrivati, per scrivere le vostre proposte col fine di organizzarvi a livello locale per promuovere questa grande iniziativa”. Il sito sarà un contenitore, per “capire quanti siamo e farci forza l’uno con l’altro nel vedere dei bellissimi esempi di società civile”, dice Stefano Onofri.

“Vogliamo mandare a ruba i titoli di stato italiani, per frenare questa pazza corso dello spread e evitare che il nostro Paese bruci ancora miliardi di euro. Soldi che serviranno a noi giovani per garantirci pensioni, assistenza sanitaria, istruzione e servizi di ogni genere”, spiegano i cinque studenti. Consapevoli che questa non può essere l’unica via per uscire dalla crisi, hanno comunque la voglia e la forza di dare un contributo, davanti al bar dell’Università, tra amici e altri studenti.

“Oggi in Italia – spiega Stefano Onofri – fortunatamente nessuno deve morire per conquistarsi la propria libertà. Ma vogliamo lo stesso porgere una domanda: dobbiamo salvare l’Italia da qualcuno? Forse sì, da noi stessi. Non ci vogliono economisti, politici o sociologi per capire che così non si può andare avanti”. “Quando non si pagano le tasse – ricorda lo studente – o non si richiede lo scontrino in negozio, o ancora quando si lavora in nero, o tutte le volte che abbiamo completamente ignorato il fatto che la mafia facesse affari di fianco a noi, e la lista è ancora lunga, ebbene in questi casi
stiamo fregando lo Stato. Allo stesso modo lo Stato viene ingannato quando un amministratore trascura il suo lavoro, ne approfitta, o viene raccomandato senza avere alcuna competenza”.

E sei nei palazzi romani si parla di governi di responsabilità nazionale e si creano strategie per le future elezioni, per i cinque studenti invece “responsabilità nazionale significa che tutti, e non solo 945 parlamentari, devono cambiare tendenza, abbandonando la parte peggiore degli stereotipi italiani per recuperare la grandezza di un popolo lavoratore, onesto, intelligente, competente e ambizioso”.

Per i cinque giovani studenti universitari questa idea è semplice, quanto efficace: “se una persona mette parte dei suoi soldi in titoli Italiani, inizierà ad interessarsi alle sorti dello Stato. Per il semplice fatto che sarebbe uno di quei rari casi in cui è evidente che l’interesse personale e quello della comunità coincidono”.

Non si parla solo di un “fatto di soldi”, ma di una vera “autoresponsabilizzazione di un popolo. È un qualcosa di raro, difficile e incredibile. Ma realizzabile, eccome”. E loro vogliono partire da questa iniziativa, un “primo passo che è sempre il più pesante ma anche il più importante”.

È indubbio, secondo Stefano Onofri, che “la colpa è della pessima politica di questi ultimi 15 anni, ma è anche vero che la questione riguarda tutti e nessuno può dirsi innocente. Con questa iniziativa abbiamo la possibilità finalmente di dire la nostra. O meglio ancora, di fare la nostra parte”.

“Questo – conclude Onofri – è un ultimo appello alla classe politica. Noi, per quel che possiamo, ci assumiamo le nostre responsabilità, ma i nostri amministratori sappiano che salvare il nostro paese è il motivo per cui paghiamo loro gli stipendi. E se qualcuno non sente di avere le competenze, di non esserne all’altezza, si faccia da parte e lasci: mai come ora abbiamo bisogno di qualità, e non di arrivisti”.

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