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La lezione di Fenoglio

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Mille e più pagine per arrivare a una liberazione che non si rivela tale. Questo, in breve, è il percorso del partigiano Johnny. Una saga che non ha fine, perché l’ultima parte – chiamata Ur partigiano Johnny dalla critica e rimasta in “fenglese”, l’italiano anglizzato che Beppe Fenoglio usava come prima stesura – non è stata terminata. E neanche pubblicata, se non nelle edizioni critiche.

Il grande cruccio di Fenoglio fu la mancata epurazione. L’occasione perduta. Da una parte Johnny, suo alter ego, scopre di avere inutilmente mitizzato i soldati inglesi; dall’altra appura che, constatata la caduta del regime, molti ex fascisti si sono già riciclati. Così la fine della Seconda Guerra Mondiale non coincide con l’auspicato repulisti, con l’epurazione (democratica) di chi per vent’anni e più aveva beneficiato – concretizzandola o fiancheggiandola – della dittatura di Benito Mussolini. Un despota, peraltro, tra i più ridicoli del mondo, a conferma di come l’Italia non rinunci mai alla sua inclinazione caricaturale. Anche e soprattutto nelle tragedie.

La Resistenza è vanificata da una Liberazione a metà. Gli ex fascisti si fingono antifascisti e al potere non c’è ricambio. Se non parzialmente. Il dopoguerra è all’insegna del Gattopardo, tutto cambi perché nulla cambi. Giorgio Bocca li ha chiamati “partigiani di città”. Lo ha ricordato nei giorni scorsi anche Marco Travaglio. Alludeva a coloro che, dopo essersi nascosti per anni, uscirono di casa per unirsi ai partigiani veri. Corsero in prima fila a festeggiare, come se la libertà fosse merito loro.

Il fuggi fuggi ideologico è insito nell’italianità: la violenza a Piazzale Loreto, le monetine contro Craxi e ora gli smarcamenti improbabilissimi (ma vedrete che tutta questa gente cadrà in piedi) dei Maurizio Paniz e Giorgio Stracquadanio. Si abbandona il Titanic, dopo averci ballato fino a ieri. Un vaffa non lo si nega a nessuno. Ormai persino Iacchetti e Brignano (nulla contro di loro, per carità) assurgono a Masaniello. E se fai un sondaggio in giro, scopri che nessuno è mai stato berlusconiano. Come se questi ultimi 17 anni li avessimo inventati gli apocalittici, giusto per trovare un motivo all’inc…tura.

La storia si ripete, una nuova epurazione ipotetica ci attende, tanti Gattopardi resteranno in sella. E nulla o quasi cambierà.

Io, nel mio piccolo, non dimenticherò mai volti e pedigree di coloro che ci hanno ridotto così. Per me gli Stracquadanio resteranno per sempre quelle facce che erano (e sono). Vadano a elemosinare altrove la loro opportunistica idea di perdono. Non servirà a nulla, ma se non altro aiuterà a guardarsi allo specchio. E a tenere a mente la Storia. Che è Storia tricolore così bassa e greve da averci già regalato – tra un Casini di ritorno e l’altro – la versione Baricco-Remix del berlusconismo: il renzismo.

Buona catastrofe.

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