Giovedì scorso Roma si è fermata. Non c’era la beatificazione di un papa, non c’era il derby, non c’era nessun acquazzone travestito da calamità naturale, non c’era nemmeno una sediziosa manifestazione. Chiedendo notizie a un tassista, ti sentivi rispondere: “No, macché corteo. Hanno aperto un negozio vicino a Ponte Milvio”. Infatti – da Ponte Milvio alla Cassia, passando per via Flaminia, Corso Francia, l’Olimpica, San Giovanni, via Prenestina, la tangenziale Est – la città è stata paralizzata per ore.

Diecimila persone
– per alcuni giornali ventimila – si sono accalcate di fronte al nuovo punto vendita della Trony, in fila dalla notte per accaparrarsi un telefono o una tv, con il miraggio dei super sconti della campagna “Trony e fulmini” (ma chi è al creativo che ha inventato lo slogan?). La ressa non ci mette molto a diventare rissa, con alcune scenette edificanti tipo un gruppetto che ha abbattuto le transenne e sfondato una vetrina a colpi di casco, due ragazze letteralmente calpestate dalla folla rincretinita, una signora in preda a un attacco di panico.

Risultato (visto da centinaia di cittadini): una giornata di lavoro perduta, una mattina intera fermi in tangenziale o sugli autobus perché a causa del traffico sono state rallentate 28 linee del servizio pubblico. Il Messaggero ha raccolto le e-mail dei cittadini: “Roma è diventata (grazie ai suoi amministratori) la capitale del Terzo Mondo o anche peggio”, scrive Daniela. “Neanche in un paese del Terzo Mondo è possibile vedere ambulanze bloccate nel traffico, che non riescono a passare neppure se scortate dalla Polizia”. Risultato (visto da Trony): un incasso di 2,5 milioni di euro e uno scontrino medio di 270 euro, 40 mila articoli venduti.

Secondo il sindaco Alemanno le autorità non erano state avvisate: Trony non avrebbe comunicato ufficialmente questa promozione nè al Campidoglio nè al XX Municipio, limitandosi ad annunciare l’apertura del negozio e a chiedere spazi aggiuntivi per i parcheggi.

Meravigliose le scuse di Alessandro Febbraretti, amministratore della società che controlla Trony Roma: “Evidentemente, la campagna pubblicitaria che abbiamo realizzato si è dimostrata fin troppo efficace perché i risultati sono andati ben oltre le nostre aspettative”. Davvero i responsabili non immaginavano tanta folla? E allora perché vietare l’accesso a disabili e bambini per “motivi di sicurezza”? Come si evince dalle “scuse”, alla Trony gongolano, tanto che fanno sapere di essere disponibili a pagare lo straordinario ai 240 vigili schierati “per lo straordinario lavoro svolto”.

Il sindaco pensa di chiedere i danni, il Codacons sta organizzando una class action che riunisca tutti i cittadini ingiustamente colpiti da “Trony e fulmini”. Idea sacrosanta: quelli del “non ci sono paragoni” mica se la possono cavare con una pacca sulla spalla e una mancetta. Magari toccandoli sul portafoglio o sul registratore di cassa, qualcosa impareranno.

In ogni caso, se uno dei miei cari fosse stato dentro un’ambulanza bloccata nel traffico, credo non mi sarebbero bastate né le scuse né un risarcimento danni. Va bene il consumismo, va bene la crisi economica, ma non si può giustificare tutto. Le persone – la loro vita, il loro tempo, il loro lavoro – sono più importanti. Alla faccia dell’ottimismo che Tonino Guerra respirava nei negozi di un’altra grande catena a cui faceva la pubblicità. “Qui l’ottimismo vola”, gridava nello spot. E in un fuori onda, uno dei piccioni che sbattevano le ali sopra il “paradiso dell’ottimismo” gli lasciava un ricordino poco poetico sulla testa.

Il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2011

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