Il primo comandamento dei Chicago Boys di Milton Friedman – e se è per questo anche dei Chicago Boys di Al Capone – è di non lasciare mai le impronte digitali se non hai un buon alibi. Giulio Tremonti non ne aveva neppure uno mediocre, visto che per dieci anni ha guidato la baracca italiana fino agli scogli che ora affiorano a Bruxelles.

Perciò ha approfittato della baraonda tutt’intorno (pugni, spari e mignotte) per filarsela alla grande lasciando che quel capolavoro di letteronza partisse con le sole tracce dei polpastrelli di Silvio. Il quale ormai sta già pensando alla sua vita ultraterrena, nonché alla imminente guerriglia che minaccia di scoppiargli in villa tra la sua nidiata di primo e di secondo letto, per occuparsi addirittura di questioni non sue, tipo l’Italia.

Giulio un lavoro ce l’aveva (e ci tornerà) prima di questa sconsiderata avventura. Cambiava ogni anno i pannolini alle dichiarazioni dei redditi di banche e multinazionali, tanto da conquistarsi la definizione che gli regalò l’ex governatore Antonio Fazio di “massimo esperto di paradisi fiscali”. Probabile che in queste ore – deluso anche nel cuore – ne stia cercando uno esistenziale che lo rimetta in salvo.

Il Fatto Quotidiano, 28 ottobre 2011

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