Bella l’idea di dedicare un premio giornalistico al senatore Alfredo Frassati, liberale giolittiano, fondatore de La Stampa di Torino. Pessima l’idea di nominare presidente della giuria il sottosegretario Gianni Letta.

Nato a Pollone nel 1868 e morto a Torino nel 1961, padre del beato Piergiorgio, senatore del Regno dal 1913, Frassati era come il figlio un antifascista doc. E uno strenuo difensore della libertà di stampa dalle ingerenze della politica: nel 1918 rifiutò l’incarico di ministro offerto dall’amico Giolitti. Nominato ambasciatore italiano a Berlino, diede le dimissioni dopo la marcia su Roma che aveva portato Benito Mussolini alla guida del governo. La rappresaglia fascista non si fece attendere: la sua casa fu devastata da una squadraccia di camicie nere, e nel 1925 il regime nascente lo costrinse a svendere il giornale che aveva fondato alla famiglia Agnelli, che diversamente da lui si era subito schierata dalla parte del fascismo.

Che c’entra la figura di Frassati con quella di Letta, giornalista passato disinvoltamente alla vicepresidenza della Fininvest e poi, sempre al seguito di B., sottosegretario del governo che vuole imbavagliare la stampa, nonché alto protettore di gentiluomini come Bertolaso e Bisignani? A quando un bel premio Frassati al prode Bisi? In fondo anche lui, prima della P 2, del caso Enimont e della P 4, era un giornalista.

Il Fatto Quotidiano, 27 ottobre 2011

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