Addestrati a rubare nei supermercati come in una vera e propria “impresa del furto”. Se qualcosa andava storto, poi, quello che li aspettava erano minacce e punizioni. Più di trenta ragazzini rumeni, di cui dieci minorenni, sono stati adescati in un orfanotrofio del loro Paese. Con la promessa di una vita migliore sono stati portati a Cinisello Balsamo, alle porte di Milano. Ma qui, invece di un lavoro, hanno trovato la schiavitù. A salvarli dallo sfruttamento l’operazione Save, dopo oltre un anno di indagini coordinate dal pm di Milano Ester Nocera e dal comandante della polizia locale Tullio Mastrangelo. L’aguzzino a capo della banda, Adrian Marius Bardasu, 41 anni originario della Romania ma da tempo radicato in Italia, è stato condannato con giudizio immediato a 12 anni di carcere per tratta di persone e induzione al furto. Pene di cinque e 12 anni sono andate in primo grado ad altri due cittadini rumeni, Isabela Moisescu e Florian Hanzu, una coppia che oltre ad avere affidato a Bardasu due figli, di 16 e 19 anni, li aveva anche spinti a prostituirsi.

“I ragazzini erano contattati anche via chat – racconta l’agente Savina Passaro della polizia locale di Milano – e con la promessa di un lavoro erano convinti a venire in Italia”. Dove speravano in un futuro che l’orfanotrofio di Ramnicu Valcea non poteva garantire. Una volta arrivati nel nostro Paese, venivano sistemati in un appartamento di Cinesello Balsamo affittato da Bardasu. E per loro iniziava un inferno di ricatti e sfruttamento. Bardasu, che si teneva i loro documenti, li addestrava a rubare. Ogni mattina i ragazzini, alcuni dei quali poco più che quindicenni, partivano in batteria. Obiettivo: uno dei tanti supermercati Esselunga di Milano e provincia. Ognuno di loro portava a termine anche otto furti al giorno, quattro nel “turno” del mattino e quattro in quello del pomeriggio. Conoscevano alla perfezione i centri commerciali dove agivano. Con l’aiuto di borse schermate uscivano con cd, dvd, profumi, trucchi, vini pregiati, forme di parmigiano. In un caso un gruppo era pure riuscito portarsi via una tv al plasma nascosta nel carrello, senza che il servizio di sorveglianza se ne accorgesse.

In tutto la polizia locale ha individuato dieci rumeni minorenni e 23 con più di 18 anni. “Sono stati necessari mesi di intercettazioni telefoniche e di pedinamenti”, spiega il comandante Mastrangelo. Alcuni ragazzi sono stati arrestati perché colti in flagranza di reato, ma l’ipotesi è che ora possano essere scagionati in quanto agivano sotto costrizione. “Era un sistema di furti gestito in modo imprenditoriale”, spiega il magistrato Nocera. Ogni ragazzino aveva un cellulare, grazie a cui Bardasu dava indicazioni precise sul tipo di prodotto a cui puntare e sulla quantità. Le merci venivano poi stoccate in alcuni box a Cinisello Balsamo, dove sono stati trovati più di mille pezzi. Pronti a essere trasportati in Romania, dove parte della refurtiva veniva venduta in un negozio gestito dalla compagna di Bardasu. Ma cibi e oggetti finivano anche in ristoranti e negozi italiani, tanto che le indagini continuano per capire se un’associazione ben più grande si avvantaggiasse della tratta di quei piccoli schiavi.

Per le vittime non c’era solo la violenza di essere trasformati in ladri. Ma anche il ricatto. Ognuno di loro accumulava un debito con Bardasu. Il viaggio verso l’Italia valeva 150 euro, a cui si sommavano il vitto, l’alloggio e i 5 euro che ricevevano per fare un acquisto regolare e passare inosservati alle casse. Se uno sgarrava, si vedeva aumentare il debito. Di 50 euro o magari di uno zero. Solo furto dopo furto riusciva a tornare libero, saldando quanto dovuto a Bardasu, che su un’agenda teneva la contabilità. Un ragazzino di 16 anni e uno di 19, poi, non erano solo indotti a rubare, ma anche a prostituirsi. I loro genitori, Isabela Moisescu di 37 anni e Florian Hanzu di 38, li avevano affidati all’addestramento di Bardasu. “Se non riesce a rubare, picchialo”, gli diceva la madre al telefono. E visto che dai furti non arrivava mai abbastanza, Moisescu e Hanzu spingevano i figli a vendersi nella zona del parco Nord di Milano, tanto che nella loro sentenza di condanna si parla anche di sfruttamento della prostituzione. In carcere, destinatario di misure cautelari, è finito pure il ‘driver’, un uomo di fiducia di Bardasu che portava i ragazzi dalla Romania all’Italia. I minori salvati dalla banda sono ora stati affidati a delle comunità protette.

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