“Una vicenda gestita molto male ma che si è conclusa bene”. La sintesi è di Mario Monti, presidente della Bocconi, e riassume una giornata convulsa: nel tardo pomeriggio Silvio Berlusconi è salito al Quirinale e dopo un colloquio con Giorgio Napolitano si è saputo il nome del nuovo governatore della Banca d’Italia. É Ignazio Visco, oggi vice direttore generale dell’istituto di via Nazionale.

Bini Smaghi flop. Facile stabilire subito chi ha vinto e chi ha perso in una sfibrante contesa durata quattro mesi, da quando cioè Mario Draghi è stato indicato come presidente della Banca centrale europea. Il primo sconfitto è Lorenzo Bini Smaghi: il banchiere fiorentino che oggi siede nel comitato esecutivo della Bce ha perso la sua continua partita al rialzo. Sperava di avere la poltrona di governatore forte dell’imbarazzo in cui era riuscito a mettere il governo, non dimettendosi per lasciare il posto a un francese dopo la nomina di Draghi al posto di Jean-Claude Trichet. Bini Smaghi ha promesso a Parigi di lasciare “entro l’anno”, anziché aspettare la scadenza del mandato nel 2013. Ma ha gestito male i negoziati sul suo futuro, dichiarazioni infelici (“sto bene dove sto”) e un eccesso di sicurezza nel proprio potere contrattuale hanno irritato il capo dello Stato che ha espresso se non un veto almeno un fermo disagio per la sua eventuale nomina a governatore. Anche ora che la partita è persa, Bini Smaghi non sembra intenzionato a lasciare, nonostante Silvio Berlusconi continui a chiederlo.

La struttura. La nomina di Bini Smaghi mercoledì sera sembrava fatta. Poi le cose si sono complicate. Il Quirinale avrebbe potuto cedere, purché si uscisse dallo stallo. Ma non con la struttura di via Nazionale destinata a sfasciarsi in caso di nomina di Bini Smaghi. Mezzo direttorio si sarebbe dimesso, a cominciare da Fabrizio Saccomanni (il favorito alla successione di Draghi) e dallo stesso Ignazio Visco. Anche i livelli intermedi erano in rivolta, il sindacato Fabi che ha scioperato contro Draghi era pronto a contestare l’arrivo di Bini Smaghi. Meglio affrontare la grana del banchiere che non vuol lasciare la Bce, devono aver deciso Napolitano e Berlusconi, piuttosto che avere settimane o mesi di polemiche per l’imposizione dall’esterno di un governatore fragile che avrebbe umiliato una struttura orgogliosa come quella di via Nazionale che avrebbe visto la Banca d’Italia sacrificata a quello che nei corridoi ormai chiamavano “il ricatto di Bini Smaghi”.

Decisivo Tremonti. La soluzione non è stata agevole. Per tutta la giornata di ieri sono continuati i negoziati dentro il governo, culminati in un vertice pomeridiano a cui c’erano tutti i ministri economici, da Paolo Romani a Renato Brunetta. Più, ovviamente, Gianni Letta e Giulio Tremonti. Il ministro dell’Economia si era rassegnato ormai da giorni a non poter vincere la partita della Banca d’Italia, cioè a non vedere il suo braccio destro Vittorio Grilli sulla poltrona di governatore. E quindi ha fatto di tutto per bloccare Bini Smaghi e ottenere almeno un mezzo successo. Da tempo aveva individuato in Visco il suo second best, come dicono gli economisti. Il neo-governatore, dopo aver letto in Parlamento la più impietosa delle relazioni sulla manovra di Ferragosto, il 6 settembre aveva teso la mano al ministro sul punto più fragile dell’architettura economica temontiana, le stime sulla crescita futura: “La successione delle revisioni delle previsioni è stata molto forte”.

Il feeling è ricambiato. Il 20 settembre Tremonti annuncia di essere al lavoro sull’ennesimo “piano per la crescita”. Unica novità di rilievo: il coinvolgimento di personalità esterne alla politica come, appunto, Ignazio Visco. E proprio dal ministero dell’Economia ieri è stato sottolineato come Visco abbia partecipato più volte a riunioni dell’Aspen Institute, il think tank presieduto da Tremonti. Soltanto Umberto Bossi, non abituato alle sottigliezze di questi scontri sulle nomine, non è stato abbastanza rapido a riposizionarsi, rimanendo ancora fermo sul sostegno a Grilli (dovuto al fatto che “è milanese”). Il leader della Lega ha commentato, a caldo, “Noi avevamo puntato su un altro, Napolitano è stato decisivo”. E, alla richiesta di un parere su Visco ha detto: “Non so, speriamo che sia bravo come dicono”. Tutti contenti, insomma, tranne Fabrizio Saccomanni che con discrezione nei prossimi mesi dovrebbe comunque lasciare la Banca d’Italia, senza però delegittimare Visco con un addio improvviso. E tranne Bini Smaghi, che non si rassegna a restare senza poltrona.

Il Fatto Quotidiano, 21 ottobre 2011

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