È di due anni e quattro mesi la richiesta di condanna per Renato Meduri, ex professore di oculistica ora in pensione; stessi anni chiesti per la moglie oculista, Lucia Scorolli, nell’ambito del processo per le minacce del 2007 al collega Emilio Campos, già direttore della prima clinica di oculistica del Sant’Orsola a Bologna e docente ordinario dal 1994. Oltre a loro, ci sono altri due imputati, Remo Grassetti, broker assicurativo di Macerata ed esperto di arti marziali, e Roberto Talarico, autotrasportatore torinese di origini calabresi, per i quali sono stati richiesti rispettivamente un anno e otto mesi e due anni e quattro mesi. Secondo l’accusa sarebbero loro gli autori materiali delle minacce.

Nell’udienza di ieri i giudici del tribunale di Bologna hanno sentito i quattro imputati. E dopo le loro parole, tra cui quelle del professor Meduri che ha risposto alle domande della corte presieduta da Grazia Nart tra non ricordo e negazioni, il pubblico ministero della procura di Bologna Enrico Cieri, al termine della requisitoria, ha fatto le sue richieste di condanna per il reato di estorsione aggravata.

La vicenda risale a circa quattro anni fa. Il processo ruota intorno al bando di concorso per professore associato di oftalmologia dell’Alma Mater, al quale partecipò la moglie del professor Meduri, Lucia Scorolli, responsabile quest’ultima dell’unità operativa di oftalmologia del policlinico Sant’Orsola. Secondo le ipotesi formulate dall’accusa, il professor Meduri, 74 anni, avrebbe sospettato un intervento di Campos per impedire la vittoria della moglie, le cui credenziali non furono sufficienti ad aggiudicarsi il concorso e a quel punto tra i due medici sarebbero volate parole grosse e le prime intimidazioni. Tra queste la frase “te la farò pagare”, attribuita a Meduri nei confronti di Campos.

La tensione, poi, sarebbe salita ancora, arrivando a minacce vere e proprie e a incursioni nello studio del medico “vittima”. Ci sarebbero stati, inoltre, altri episodi, come i proiettili recapitati all’anziana madre che vive a Trieste e altri bossoli inviati via posta a Campos. Nel frattempo quest’ultimo, a cui venne assegnata una scorta, presentò un esposto da cui presero avvio le investigazioni affidate alla Digos.

Nella scorsa udienza vennero sentiti come testimoni nomi eccellenti, come Fabio Roversi Monaco e Pier Ugo Calzolari, ex rettori dell’ateneo bolognese. I due risposero alle domande del pm Enrico Cieri e delle difese, raccontando i dissidi continui fra Meduri e Campos, professori dell’ateneo.

Ma il nome di Roversi Monaco emerse anche nel corso delle indagini perché Scorolli, in un’intercettazione, aveva parlato di lui come uno dei nemici che cercava di evitare una sua eventuale nomina, facendo poi riferimento all’esistenza di una lobby massonica a lei contraria. Un fatto, questo, che poi la portò a iscriversi a una loggia bolognese, la Hiram, ma senza alcun successo. Roversi Monaco si è sempre detto estraneo alla vicenda, ma l’amicizia con Campos lo portò comunque ad aiutarlo. Secondo la difesa degli imputati, Campos enfatizzò i fatti. E la loro tesi si basa anche sull’esistenza di un ipotetico e non identificato “suggeritore” che indicò a Campos come muoversi e cosa dire alla Digos.

Un evento curioso, tra i tanti di un processo in primo grado che si avvia alla conclusione, è anche quello che riguarda il presidente della commissione che aveva il compito di nominare un professore associato, Nicola Orzalesi, dell’università di Milano, che nella scorsa udienza parlò di una presunta telefonata di raccomandazione per Scorolli da parte della presidenza del consiglio dei ministri. Ma secondo il professore non fu una telefonata reale della presidenza, ma di qualcuno che millantò. E lo stesso Orzalesi avrebbe inoltre riferito alla corte di alcuni “intoppi” nel corso dei lavori della commissione, tra minacce e telefonate di “pressante raccomandazione”. Ora saranno i giudici del tribunale a emettere la sentenza di primo grado, che potrebbe essere letta tra una decina di giorni.

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