Francesco, Simone, Federico e Massimo. Due studenti e due lavoratori. Tutti No Tav. Chi da vent’anni, chi da solo pochi mesi. E’ toccato a loro aprire il “No Tav Tour”. Prima tappa a Bologna, poi per tutto il mese fino a metà novembre in tutta Italia: Milano, Genova, Napoli, Bari e chiusura a Palermo.

Quando prendono il microfono per raccontare il loro no all’alta velocità in Val Susa, Piazza Nettuno applaude e tutti iniziano a fare foto e filmati col telefonino. Quasi i quattro piemontesi fossero diventati delle rock star. Eppure questa estate sono stati tra quelli che, secondo il Ministro Maroni, “cercavano il morto”, i “terroristi” che da anni impediscono i lavori dell’alta velocità che dovrebbe collegare Torino a Lione. Un’opera da miliardi e miliardi di euro che a loro e a gran parte della Val Susa non va proprio giù.

E allora ecco il perché del loro tour, un modo per staccarsi dal lungo e a volte violento assedio al cantiere di Chiomonte e provare a comunicare con tutta Italia. Sopratutto, un modo per saltare l’intermediazione dei media, da loro accusati di essere “schierati con il Governo e con chi vuole fare a tutti i costi le grandi opere”.Francesco, 31 anni e un impiego come muratore a Bussoleno, è il primo a prendere la parola. “Ci hanno dipinto come mostri, e allora abbiamo deciso di farci vedere in faccia”, spiega al microfono per poi elencare le ragioni del suo no all’alta velocità, “un’opera inutile, che distrugge il territorio e sopratutto costosissima”. Con lui ci sono anche Simone e Federico, universitari di Chiomonte e Torino. “E’ da meno di due anni che ci siamo schierati in questa lotta – spiega Simone – e pensiamo sia giusto spiegare a tutti perché lo stiamo facendo”.

“Sono venuto con i miei due bambini – dice invece Massimo, 40 anni e un lavoro da installatore di serramenti in un paesino in provincia di Torino – per mostrare a tutti che siamo gente pacifica che vuole opporsi ad un’opera che invece è violenta, che ci viene imposta e che devasterà la nostra valle”. Massimo è quello che parla di più, annuncia che il 15 ottobre sarà con la mente con tutti quelli che andranno a Roma a protestare, con gli indignati di ogni parte d’Italia. “Purtroppo dovrò restare in Valle – spiega – ma saranno migliaia i No Tav che dai paesi attorno a Bussoleno e Chiomonte partiranno in treno o in bus”. Una protesta che ormai non è più solo contro il cantiere di casa propria, ma punta il dito contro il sistema finanziario e l’attuale situazione politica italiana.

E’ qui si capisce il perché di un pubblico tanto numeroso. “Ci siamo resi conto – spiega Francesco – che la nostra lotta è diventata un esempio per tutti”, per questo ci siamo permessi di inviare un appello a tutta Italia, e chiedere che il 15 ottobre a Roma si metta fine al “tiranno che ci governa”. Come? “In ogni modo”, risponde sempre Francesco. Ad ascoltarli duecento persone. Molti studenti universitari, qualche signore di mezza età e i “No People Mover”, che ne hanno approfittato per volantinare e poi prendere la parola.

“L’Italia – ha detto al microfono Ermanno Brenzoni – è piena di cantieri come quello della Tav in Val Susa. Qui a Bologna sta per arrivare il People Mover, opera faraonica, inutile e che costerà milioni e milioni di euro ai cittadini bolognesi”. E poi via all’elenco di tutto quello che è peggiorato nell’ultimo anno: l’introduzione del ticket sanitario, l’aumento del biglietto del bus, i posti nido che mancano, i tagli ai servizi sociali. “E loro vogliono spendere un sacco di soldi per una monorotaia sopraelevata quando c’è già la ferrovia?”, chiede a tutti Brenzoni. Domanda che va a braccetto con le considerazioni del No Tav Francesco. “Fanno manovre da 22 miliardi e per l’alta velocità ne spendono 20. C’è poco da non capire”, dice al microfono. Per poi ricordare che sul sito del movimento c’è un appello che si conclude con l’invito a “marciare fin sotto i palazzi del potere, e lanciare tutti insieme il grido che arriva, forte e chiaro, dalla Spagna: Que se vayan todos! “. Si scrive in spagnolo, ma molti di quelli che ascoltavano questo pomeriggio avevano in testa le immagini della primavera araba. Rivolte di piazza comprese.

di Giovanni Stinco

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