Era il 30 marzo 2011. Berlusconi, giunto a Lampedusa, rassicurava gli abitanti sulla situazione immigrati nell’isola. E come al solito, non aveva perso tempo per mostrare buona parte del suo repertorio di balle spaziali, questa volta ad insulam:

  • “in 48-60 ore, gli immigranti andranno via da Lampedusa”;
  • “apriremo un casinò e un campo da golf”;
  • “abbiamo dato incarico a Rai e Mediaset di fare servizi che attirino gli italiani (a Lampedusa)”;
  • “verranno stanziati fondi straordinari per Lampedusa”;
  • “una moratoria fiscale”;
  • “la richiesta all’Unione Europea che l’isola sia zona franca”;
  • “candidiamo Lampedusa al Nobel per la pace”.

E per ultima, perla delle perle: “Mi sono, ieri mattina, domandato: ma incontrando i lampedusani, come posso dargli io la sicurezza che tutti i piani che annuncerò saranno davvero trasformati in realizzazioni concrete? Mi sono detto DEVO DIVENTARE LAMPEDUSANO ANCH’IO! Mi sono attaccato ad internet, ho scovato una casa bellissima di fronte a Cala Francese, si chiama Due Palme… e l’ho comperata! Quindi, adesso, avete, nel governo un interlocutore assolutamente interessato”.

Accanto, Raffaele Lombardo che, come al solito, è presente solo fisicamente (lo sguardo è totalmente assente) e che sbadiglia durante il discorso del premier; il sindaco De Rubeis che si preoccupa che Berlusconi non cada dal muretto dal quale parla (un’altezza vertiginosa di qualche decina di centimetri) e una signora sconosciuta che annuisce per tutto il Berlusconi Show.

Inutile aggiungere che nessuna delle promesse di cui sopra sia stata mantenuta, salvo la prima e per poche ore (il tempo di un nuovo sbarco di disperati). Lombardo, ovviamente, nella sua sconfinata assenza di uomo politico, si limita a dire che Lampedusa è a rischio epidemia per poi sparire anche lui come un mal di testa dopo un analgesico.

Intanto gli immigrati continuano a sbarcare sull’isola durante questi sei mesi. E oggi, dopo l’incendio doloso che ha distrutto il centro di prima accoglienza, De Rubeis si sfoga dicendo di “essere ancora in attesa di potere parlare con Berlusconi e con il ministro Maroni per sapere cosa intendono fare”. E mentre è in attesa, il sindaco alza il tiro: davanti alle telecamere, non si rivolge più al Presidente del Consiglio ma direttamente a quello della Repubblica: “Napolitano parla tanto di Unità d’Italia? Bene, muova il culo”.

Berlusconi, Maroni e Napolitano? De Rubeis, visti i nomi e i personaggi, le do un consiglio: chi fa da sé fa per tre. E sicuramente di più di questi tre. Con rispetto parlando. Ma anche no.

di Tony Troja

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