Se ci sarà qualcosa da ricordare del Bologna Football Club di questo inizio secolo, altro non sarà che l’occhiale a goccia o la camicia a strisce verticali di Gianfranco Civolani.

Il Civ, come lo chiamano tutti, dal barista sotto casa a Marco Di Vaio, passando dai presidenti transitati a Bologna il tempo di un amen (il commendator Zanetti in diretta tv locale, come se il Civ fosse il salvatore della patria), è rimasto l’ultimo bastione di una involontaria difesa della bolognesità calcistica d’altri tempi e non solo. Perché Civolani, nato a Bologna nel novembre del 1935, è diventato negli anni, tra commenti delle partite di calcio, mini requisitorie del lunedì, passeggiate in via Riva Reno e via San Felice, una specie di totem antropologico del tempo che scorre e della Bologna che non c’è più.

Giornalista sportivo per Stadio e Tuttosport, ma prima ancora animatore culturale, praticante avvocato, collaboratore anni settanta per il nascente Le Ore, il Civ non ha mai disdegnato il ruolo di cicerone felsineo, di memoria storica e collettiva di una città in mutazione e radicale trasformazione socio-culturale. Ad ascoltare Civolani, anzi a leggerlo nei suoi saggi a capitoletti (sedici i libri pubblicati dal 1970 ad oggi), prende corpo il racconto autobiografico della giovinezza nel dopoguerra e del suo affermarsi nel giornalismo sportivo dopo diversi anni di tifo per il Bologna.

Ma il racconto politematico, ad ogni libro rinnovato, che prende spunto dallo sport (la Virtus altro chiodo fisso e amore incondizionato) sconfina e spesso diventa parte del costume e della quotidianità di una città che vive fasti sportivi, amministrativi, culturali ed economici che nel 2011 paiono diventati vestitini ripiegati e messi in naftalina.

Ecco allora il Civ elencare le case chiuse degli anni ’50 (con tanto di categorie progressive e stellette come sulla guida Michelin), gli approcci con l’altro sesso in gioventù sui colli bolognesi, l’altezzosa appartenenza politica ad un socialismo/repubblicanesimo oggi scomparso, i viaggi continentali ed intercontinentali (la Neviork, detta alla Mingardi, di uno dei suoi libri), le vie e le strade della città con relativi personaggi che l’affollano (nessun umarells sulla lista, però), le diverse tipologie di interessi e abitudini dei bolognesi del boom economico oggi dispersi tra happy hour e tintarelle artificiali.

Il pretesto per incontrare Civolani alla libreria Ambasciatori di Bologna, martedì 23 agosto, e ascoltare qualche suo borbottio, sentirlo tuonare, vederlo accendersi di fronte ad un’imprecisione sul tabellino delle presenze dei calciatori rossoblu, è quello dell’attesa dell’ennesimo libro/raccolta sui presidenti del Bologna F.C. che uscirà a novembre. Intanto se ne starà appollaiato su un trespolo in piena via degli Orefici, a qualche metro dallo storico Bar Otello che oggi, come direbbe il Civ, “non è più come una volta”. A tal proposito, allora, fatevi raccontare com’era. Ci sarà da ridere.

(d.t.)

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