In Puglia si muore di carcere. Lo confermano le notizie allarmanti degli ultimi giorni. Due suicidi, uno dei quali fortunatamente sventato. Prima il ventottenne morto a Bari dopo essersi impiccato con le lenzuola. Poi due giorni fa, un detenuto del carcere di Turi (struttura che ospitò durante il fascismo detenuti illustri quali Sandro Pertini e Antonio Gramsci) che ha provato a togliersi la vita con l’elastico delle mutande stretto al collo ed è stato tempestivamente salvato dalle guardie penitenziarie.

Sono già cinque i casi di suicidio in cella avvenuti in Puglia dall’inizio del 2011. Tra questi spicca quello di Carlo Saturno, dello scorso aprile. Sul caso, è aperta un’indagine della Procura per istigazione al suicidio, al momento senza indagati. Ma lo stesso Ministero della Giustizia è intervenuto a riguardo con un’inchiesta interna. Della quale Patrizio Gonnella, presidente della associazione Antigone ed ex direttore del carcere di Pisa, chiede di conoscere gli esiti.

“Vogliamo sapere cosa ha prodotto l’inchiesta – racconta Gonnella – perché le nostre fonti di informazioni ci dicono che la vicenda ha avuto una ricostruzione dei fatti che pare non sia quella reale. Ci deve essere chiarezza, così da trarne le conseguenze. E se la ricostruzione è falsa, dobbiamo ipotizzare che ci sia malafede e chiederci: si è suicidato veramente? Non lo so, ma questo è un punto grigio”.

Il caso suscitò scalpore, visto che il ventiduenne suicida aveva testimoniato in passato contro nove agenti penitenziari accusati di lesioni all’interno del carcere minorile di Lecce, dove era precedentemente recluso.

Ma intanto la situazione nelle carceri pugliesi appare sempre più critica. La racconta Federico Pilagatti, segretario del sindacato di polizia penitenziaria. “L’istituto di Bari ha una capienza regolamentare di 200 posti ma attualmente ne contiene più di cinquecento”, questo il primo dato che denuncia Pilagatti aggiungendo che “in stanze dove dovrebbero esserci quattro persone, ce ne sono ben dieci. E’ chiaro che le condizioni igienico-sanitarie siano critiche. Anche perché con il passaggio dalla assistenza penitenziaria a quella pubblica è diminuita l’assistenza in carcere e sono aumentate le situazioni di malessere”. E l’organico sottodimensionato degli agenti di sicurezza non aiuta affatto. “Siamo in polemica – aggiunge – perché chiediamo i militari da mettere attorno al muro di cinta, così da recuperare del personale all’interno delle celle”.

I dati in tutta la Puglia parlano di 4400 detenuti a fronte di 2350 posti. Numeri un po’ meno drastici di quelli che si registrano nelle carceri del Nord Italia, e che potrebbero trovare sollievo nelle nuove 1050 collocazioni previste, come testimoniato dal rapporto dell’associazione Antigone. Nel quale si legge anche che nel carcere di Bari, ad esempio, alcuni detenuti dormono in letti a castello “a un palmo dal soffitto”. Anche per questo secondo Pilagatti, il ministero della Giustizia deve intervenire presto e rinforzare il numero di agenti.

Dario Ginefra, deputato Pd molto impegnato sul tema del sovraffolamento carcerario chiede le dimissioni di Angelino Alfano. “Il numero di guardie sotto organico – spiega Ginefra – crea situazioni di stress per i duri turni di lavoro. E per questo la situazione non è gestita in serenità. Il governo ha una totale amnesia anche perché Alfano da qualche mese, invece di occuparsi di questioni di sua competenza, è impegnato in vicende che lo distolgono dalle sue responsabilità. Per questo ho invocato le sue dimissioni. I tagli lineari di Tremonti poi hanno colpito anche gli investimenti nelle politiche carcerarie. Come dimostra la protesta civile di Pannella, la situazione è al limite”.

Intanto pochi giorni fa, il consigliere regionale Dino Marino (Pd) ha esortato ancora una volta il Consiglio della Puglia a nominare il Garante dei diritti dei detenuti. Figura che a livello regionale ha competenza nella tutela delle “persone private o limitate della libertà personale”, contro maltrattamenti e situazioni di sovraffollamento.

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