L'ex assessore piemontese alla Sanità Caterina Ferrero (Pdl)

Interessi politici alla base di decisioni istituzionali. È questa la situazione dietro l’arresto dell’ex assessore piemontese alla Sanità Caterina Ferrero (Pdl), ai domiciliari da stamattina. Venti giorni dopo l’operazione “Dark side”, che ha portato in carcere il suo braccio destro, Pietro Gambarino e altre quattro persone, più due ai domiciliari, ora è il turno della Ferrero, indagata per turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Pochi giorni dopo lo scandalo l’assessore aveva rimesso le deleghe, ma da mercoledì scorso, giorno dell’operazione anti-‘Ndrangheta “Minotauro”, la sua immagine aveva subito un altro colpo: il suocero, l’imprenditore e politico Nevio Coral, intratteneva rapporti con uomini della criminalità calabrese, mentre il nome della Ferrero emergeva in alcune intercettazioni di malavitosi alla ricerca di appoggi politici per ottenere appalti.

Dall’indagine “Dark Side” emergono “indizi gravi, precisi e concordanti” contro di lei, ha spiegato il procuratore aggiunto Andrea Beconi.  Ferrero, infatti, ha rimesso le deleghe nelle mani di Roberto Cota, ma ha conservato la carica di assessore regionale e “ha mantenuto – ha sottolineato il pm Beconi – un ruolo importante di possibile influenza sulle decisioni amministrative”. Per questi motivi gli uomini della Guardia di Finanza hanno notificato stamattina l’ordinanza a Ferrero. Il provvedimento è stato preso dal gip Cristiano Trevisan dopo aver effettuato gli interrogatori di garanzia e dopo che i sostituti procuratori Paolo Toso e Stefano Demontis avevano sentito alcune persone informate sui fatti.

Le ipotesi di reato contro l’ex assessore alla Sanità sono turbativa d’asta e abuso d’ufficio. La prima riguarda un episodio del settembre 2010, quando Ferrero revocò il bando di gara della Società di committenza regionale (Scr) per la fornitura triennale di pannoloni. Per le fiamme gialle c’era stato un accordo tra Gambarino e due rappresentanti della Federfarma, federazione dei titolari di farmacie, per assegnare la fornitura ai farmacisti senza una gara e a un prezzo più alto della base d’asta. Dagli ultimi interrogatori risulta che Ferrero era pienamente coinvolta nelle trattative. La seconda ipotesi, l’abuso d’ufficio, è relativa all’apertura di un centro di emodinamica a Chivasso nel torinese, “decisa nonostante il piano di rientro della sanità regionale prevedesse la chiusura di servizi aperti o la non apertura di altri servizi, e anche che non fosse opportuno aprire alcun centro del genere nella zona di Chivasso e Ivrea”, ha spiegato Beconi. Per questo reato è indagato anche il commissario della Asl To4 Renzo Secreto.

Dietro questi fatti, secondo gli inquirenti, non sono ancora emersi episodi di corruzioni, ma c’è solo un tornaconto personale, come una ricompensa elettorale. “C’era un interesse politico a privilegiare una categoria di professionisti interessante dal punto di vista elettorale – ha sottolineato il pm – e in parte di favorire un candidato (Bruno Matola, già sindaco Pdl di Chivasso e sconfitto alle ultime elezioni, ndr) che si era espresso nei confronti della popolazione nel senso di promettere una soluzione”. Il procuratore aggiunto ha precisato per che “non si tratta di un vero e proprio scambio di voti ma una sorta di captatio benevolentiae

Per quanto riguarda la posizione dell’ex assessore nell’indagine “Minotauro”, restano degli accertamenti da fare. Il suo nome emerge in un’intercettazione del 2003 contenuta nell’ordinanza. All’epoca Ferrero era assessore regionale ai Lavori pubblici ed era considerata una tra i possibili candidati alla Provincia nel 2004: “Io sono stato l’unico che ho appoggiato, nell’ambito del mio comune, questa Caterina Ferrero! – dice uno degli indagati, Vittorio Bartesaghi, a un altro, Adolfo Crea, per poi aggiungere – Secondo me si può chiedere subito qualcosa, oppure dopo, ma del lavoro che ci sia! Non che siano chiacchiere, cioè appalti che si possano gestire. C’è tanto da lavorare in Provincia! C’è un mare di lavoro, per le strade, manutenzione…”. Il procuratore capo Giancarlo Caselli ha ribadito che “sono due inchieste diverse. Eventuali punti di contatto possono e potrebbero esserci, ma siamo all’inizio, stiamo lavorando”.

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