Per scuotere Ravenna dal suo antico torpore ci voleva una donna, anche lei ravennate, con una passione incontenibile per la musica colta. Cristina Mazzavillani, moglie di Riccardo Muti dal 1969, è l’ideatrice del Ravenna Festival. Rassegna, giunta oggi alla sua ventiduesima edizione e che per la ventitreesima vedrà succedersi una nuova direttrice. “Desidero ritirarmi a vita privata, lontano dai riflettori, per stare accanto ai miei familiari, soprattutto ai miei nipoti”, racconta Mazzavillani.

Quando iniziò con Ravenna Festival, immaginava che avrebbe avuto tanto successo?

“Non solo non lo pensavo, ma ero decisa a rifiutare l’invito dell’allora sindaco di Ravenna che mi chiedeva di creare qualcosa di importante per la nostra città: mi sentivo inadeguata, inoltre avevo già tre figli e un marito impegnativo come Riccardo Muti da seguire. Dopo il matrimonio avevo abbandonato persino il canto per seguire la mia famiglia. Fu Benigno Zaccagnini che al tempo mi convinse ad accettare in nome del bene della città. E oggi, visto come sono andate le cose, forse un po’ tutti abbiamo nei suoi confronti un debito di gratitudine”.

E Riccardo Muti che ruolo ha avuto nel determinare il successo del Festival?

“Ammetto che io ho fatto la mia parte, lavorando con impegno e tenacia al progetto, ma è stato il nome di mio marito a consentirmi di dialogare con tutti i grandi della musica mondiale. Grazie a lui tutte le porte dell’arte si sono aperte permettendomi di far arrivare a Ravenna fin dal principio ospiti di primo piano che certo non si sarebbero spesi tanto facilmente. Paradossalmente, sono stati loro a fare da vetrina al Ravenna Festival, non il contrario”.

Come è stato agli esordi il rapporto con la sua città?

“All’inizio è stata dura perchè da parte della gente c’era molta diffidenza, cosa che io da ravennate e romagnola capisco benissimo. Noi siamo così, più che alle parole badiamo ai fatti. Per cui prima sono stata messa alla prova. Appena tutti hanno potuto toccare con mano i risultati del mio impegno, allora le riserve sono cadute. Da parte mia c’è stato un lungo e sottile lavoro per coinvolgere i vari ambienti cittadini, soprattutto quelli legati ai giovani. Qui ho trovato un mondo sommerso fatto di grande creatività e di talenti nascosti che, perciò, andavano valorizzati. Questo festival può e deve essere una opportunità per la crescita di tutta la società ravennate e non solo una manifestazione artistica e di spettacolo”.

Qual è il legame che oggi intercorre tra questo festival e il territorio ravennate che ogni anno lo ospita?

“E’ un legame strettissimo. Ravenna è una città particolare che da sempre guarda verso oriente. E’ stata capitale di un impero, i suoi monumenti, il suo tessuto urbano, le sue opere d’arte e la sua società parlano di questa storia e lo fanno in una lingua tutta propria e originale. Avendo vissuto per moltissimi anni fuori dalla mia città, ho dovuto fare una lunga full immersion per riprendere contatto con tutte queste specificità che la caratterizzano. Nel far questo mi sono confrontata con il territorio sotto vari aspetti, quello delle tradizioni, della collocazione geografica e anche del suo ambiente naturale. Tale lavoro mi sembra oggi traspaia chiaramente dagli spettacoli e dagli eventi che organizziamo per il festival”.

Ravenna si è candidata a Capitale europea della cultura per il 2019. Ospitare una manifestazione di livello internazionale come il Ravenna Festival può contribuire a favorire questa candidatura?

“Di certo la presenza di Ravenna Festival può costituire una buona leva in tal senso, ma non basta. Per diventare capitale della cultura occorre altro. E’ necessario lavorare per creare delle strutture che possano ospitare un così importante appuntamento, realizzando opere capaci di dare un volto nuovo alla città dalla forte valenza culturale, il che significa predisporre un piano cittadino che investa anche l’aspetto urbano. Ma, di tutto questo ad oggi, e purtroppo, io non ne vedo traccia. E non so nemmeno se ci sarà più tempo per farlo. Secondo me la città dovrebbe essere ripensata in una architettura armoniosa e integrata del territorio, dove il mare e il porto abbiano un ruolo di primo piano”.

La crisi economica di questi ultimi ha toccato inesorabilmente anche Ravenna. A suo parere puntare su grandi eventi che valorizzino il patrimonio artistico e culturale cittadino, può costituire una risorsa per la crescita economica del territorio?

“Certo. Ma solo una delle tante carte da spendere e, comunque, mai da sola. Penso, infatti, che debbano essere la politica e l’economia ad aiutare la cultura, non il contrario. Quello che manca oggi e su cui occorrerebbe muoversi, è avviare nel nostro Paese, e ovviamente anche nella nostra città, delle politiche culturali che siano efficaci. Politica, economia e cultura sono aspetti che nella nostra società si intrecciano continuamente, solo se tra loro si crea sinergia si potrà davvero ottenere una crescita a tutti i livelli, quindi anche dell’economia”:

Marilena Spataro

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