Le infrastrutture sono le arterie di una città, forse anche il cuore, di sicuro i polmoni e le tasche. Le vicende della nuova stazione di Bologna, con i grandi ritardi nei lavori e le polveri sottili fuori controllo, lo dimostrano. Tant’è vero che l’assessore provinciale Giacomo Venturi più di un mese fa ha scritto una lettera al ministro delle infrastrutture Altero Matteoli, denunciando una situazione ormai insostenibile. Una lettera a cui non risponde il ministero delle infrastrutture, ma risponde – solo per dire che i soldi non ci sono – un ufficio del ministero dell’ambiente. Suscitando le ire degli enti locali, a partire dallo stesso Venturi per arrivare all’ex presidente del quartiere Navile.

L’osservatorio ambientale, l’unica briglia del sistema Tav, è congelato dal 2009: l’organo di controllo composto da rappresentanti del governo e degli enti locali, previsto da un apposito accordo procedimentale stipulato nel 1997, praticamente non esiste più. Sin dalla primavera 2009 il ministro Prestigiacomo non ha rinnovato la nomina del rappresentante del governo, da allora manca un organo di vigilanza sui lavori. Che nel frattempo si sono allungati di anni –  avrebbero dovuto terminare nel 2008, ora si parla del 2012 – con ritardi che ricadono ormai su altre opere e servizi, dal People Mover a Liber Paradisus alle discariche a cielo aperto accanto a un asilo nido.

Perciò Venturi ha chiesto formalmente con la sua lettera al ministro “un incontro urgente da tenersi a Bologna insieme alle istituzioni locali per fare il punto della situazione” dopo “un silenzio che manifesta indifferenza o sottovalutazione”.

La notizia è che il silenzio del ministero delle infrastrutture continua. La notizia è anche che alla lettera degli enti locali risponde non il ministro delle infrastrutture, e neppure il ministro Stefania Prestigiacomo a cui pure la lettera era stata inviata per conoscenza. A rispondere è la direzione generale per le valutazioni ambientali del ministero dell’ambiente, con la penna di Miriam Grillo, direttore generale.

L’accordo è scaduto nel 2010, ricorda la Grillo. Visto che all’epoca in cui fu stipulato quell’accordo non erano previsti ritardi nei lavori, ci si aspetterebbe un rinnovo del suddetto accordo e, quindi, dell’organo di controllo. Ma la direzione generale per le valutazioni ambientali del ministero dell’ambiente su questo punto scrive: “Le tempistiche comportano un aumento del fabbisogno economico per la copertura dei costi del funzionamento degli organismi che ammonterebbero a circa 600mila euro”. E ancora: “L’elemento ostativo alla stipula del nuovo accordo procedurale  è rappresentato dalla carenza di risorse economiche”. L’accordo del 1997 prevedeva uno stanziamento per il decennio di durata del cantiere di circa 1 milione e 30mila euro mila euro, una “borsa” che sarebbe servita in sostanza a pagare il lavoro di un’équipe di professionisti che si sarebbero dovuti riunire due volte al mese. Per il periodo non coperto dall’accordo viene oggi prevista dal ministero una spesa di 600mila euro, più della metà della cifra prevista precedentemente.

Per controllare non ci sono i soldi, è questo il succo della risposta del ministero dell’ambiente, mentre sui ritardi il ministero delle infrastrutture non risponde. La risposta degli uffici del ministero dell’ambiente e soprattutto i silenzi di Matteoli suscitano le reazioni degli enti locali. Venturi condanna il governo e punzecchia il ministro delle infrastrutture: “Martedì sera c’era Matteoli in città, ma era venuto per la campagna elettorale delle amministrative, qui la situazione è sempre più complicata e lui non si fa vedere né sentire”.

Anche la risposta del ministero dell’ambiente non va giù: “ Dicono che non ci sono risorse, è un’assurdità devastante, uno strumento di controllo è fondamentale per il monitoraggio e la gestione delle grandi opere”. E parole indignate arrivano anche dall’ex presidente del quartiere Navile, Claudio Mazzanti: “Non riconvocano l’osservatorio nonostante gli obblighi di legge perché sanno che farlo significherebbe chiudere la questione dei danni ai cittadini, fare un’indagine epidemiologica, prendere atto dei ritardi spaventosi che gridano vendetta sulla stazione e sulle opere accessorie, ricontrattare gli indennizzi della cantierizzazione”. Ma tutto questo, per ora, non verrà fatto, non è scritto ma è tra le righe della risposta del ministero dell’ambiente.

Dura anche la reazione dei cittadini della zona. “La salute dei cittadini non ha prezzo”, è il commento di Dino Schiavoni del comitato Carracci, protagonista assieme all’avvocato Nicola Giudice e ad altri cittadini di un’azione legale che denuncia i ripetuti sforamenti delle polveri sottili in zona cantiere. Nel novembre 2010 una sentenza del giudice Elisabetta Candidi Tommasi aveva riconosciuto che la quantità di pm10 in prossimità del cantiere era sopra la norma, dando quindi ragione ai 157 abitanti della zona del cantiere e individuando, grazie all’indagine dei periti Grazia Ghermandi e Marco Vinceti, le responsabilità di Rfi e Astaldi: non c’entra il traffico, i ripetuti sforamenti delle polveri sottili sono dovuti al cantiere, qui le sostanze dannose sono il 30% in più rispetto ai livelli paradigmatici di porta San Felice.

Chi era incaricato di controllare le emissioni di polveri? L’aula lo ha chiarito bene: i controllati – Rfi e Astaldi – non possono essere i controllori. “Riprenderemo presto i lavori dell’osservatorio ambientale”, aveva assicurato il presidente dell’osservatorio ormai vacante Alessandro Di Stefano un anno fa. Ad oggi l’Osservatorio è ancora fantasma, e la Regione Emilia Romagna ha dovuto stanziare qualche mese fa un proprio contributo (a proposito di soldi) perché Arpa monitori i dati raccolti da Rfi sui cantieri Av del nodo di Bologna.

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