Questa mattina si è tenuta l’assemblea dei soci del Consorzio del Chianti Classico, per considerare le proposte fatte dal Consiglio di Amministrazione: entrambe respinte dalla maggioranza dei soci.

Una serie di interventi accalorati, vernacolari, stizziti hanno attestato che si stesse decidendo il futuro del Chianti, con una tale votazione. Per questa volta è andata bene. Per le prossime, le proposte del Consiglio di amministrazione, prima di andare in votazione ad un’assemblea, saranno sottoposte all’approvazione preventiva dei soci.

Dunque il disciplinare del Chianti rimarrà il medesimo, e non ammetterà nuove tipologie di vini che contribuiscano a svilire un nome simbolo della vitivinicoltura italiana di qualità nel mondo.

Evitando al Chianti un altro “fiasco”.

Ci spiace per i Folonari-Ruffino (che sospingono come gli Antinori addirittura una DOC Toscana con cui produrre di tutto), per i Coli, per i Castelli del Grevepesa, ma noi abbiamo parteggiato per tutti gli altri produttori, piccoli e grandi, che hanno respinto le proposte. Consolati da tale esito, speriamo che si possa indirizzare il Chianti Classico verso una più alta qualità, non permettendo di commerciare sotto lo stesso nome e la stessa denominazione di origine vini che nulla hanno in comune: a cominciare dal prezzo.

Non sarebbe inopportuno che tutto il Chianti Classico si volgesse ad una seria zonazione, che permetta almeno di menzionare in etichetta le diverse appellazioni comunali (Radda, Castellina etc.), per vini prodotti integralmente dal soggetto imbottigliatore. Inoltre speriamo che il Chianti torni a vendere, vini autentici e riconoscibili anzitutto. Di che sa un Chianti? Prima di tutto, sa di Sangiovese. Non dimentichiamo che, qualche anno fa, diverse aziende produttrici hanno fatto patteggiamenti con la Procura di Siena, che sta continuando a svolgere indagini di cui scriveremo in futuro.

Al Consorzio del Chianti Classico, e in specie al Consiglio di Amministrazione, vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro.

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