La notizia dell’arresto di Iovine, uno dei più pericolosi camorristi latitanti, non può che riempirci di gioia, ma quello che abbiamo visto nell’aula della Camera dei deputati ci ha disgustato. Non appena è stato dato l’annuncio, gli amici di Maroni si sono prodotti non solo nell’elogio del ministro, ma soprattutto nell’assalto a Roberto Saviano. “Si vergogni, questa è la risposta alle sue accuse, viva il ministro…“,  queste ed altre parole sono state pronunciate in modo stentoreo, quasi fossero state preparate da tempo, pareva di assistere ad una rappresentazione studiata per scacciare dall’aria il ricordo delle parole pronunciate da Saviano nel corso della sua trasmissione, che oltre 10 milioni di cittadine e cittadini hanno scelto di vedere anche per far sentire il loro no al regime della censura, della intolleranza, delle cricche e delle consorterie.

Questi signori ululanti non erano tanto uniti dalla gioia per l’arresto quanto dalla avversione per chi, con i suoi scritti e le sue parole, ha contribuito a riaccendere i riflettori sulla camorra, sul casertano, sulla famiglia Iovine medesima.

Perchè tanto odio? Quali santuari ha scoperchiato? Come dimenticare che questi latitanti sono stati catturati da quei giudici e da quelle forze di polizia alle quali si voleva e si vuole levare la possibilità di agire con tempestività e con i mezzi necessari? come cancellare gli orrori racchiusi nella legge bavaglio?

Per altro la medesima Dia ha voluto rafforzare  le parole di Saviano confermando che le mafie e le camorre si sono ormai insediate nel nord, nel silenzio e nella indifferenza delle ronde padane e delle camicie verdi.

Ci provi Maroni a querelare Saviano e Fazio, dovrà querelarci tutti, come hanno già urlato migliaia  di persone che hanno già firmato la petizione lanciata da Antonio Di Pietro e condivisa da Articolo21.

Non solo ci presenteremo in aula per solidarizzare con Saviano e con tutti gli autori della trasmissione, ma ci convocheremo davanti ai cancelli di Viale Mazzini, sede della Rai, per contrastare il tentativo di licenziare Loris Mazzetti, lo storico collaboratore di Enzo Biagi, il responsabile della trasmissione di Fabio Fazio, accusato di aver mancato di rispetto al ministro Maroni e, udite, udite, di aver osato partecipare ad una trasmissione dell’emittente La7 dedicata al libro che Mazzetti ha scritto con Don Andrea Gallo.

Nella Rai dei Masi, delle Avetrana non stop, dei Minzolini di turno, delle notizie cancellate, delle rettifiche negate, delle prepotenze dichiarate, si vuole colpire Loris Mazzetti perché non si piega,  perché non ha tradito Enzo Biagi, perché scrive liberamente sul Fatto, perché non scappa di fronte agli incappucciati, ai bravi, ai picchiatori di turno.

Siamo orgogliosi, come Articolo21, di aver attribuito a lui il premio per la libertà di informazione, e non lo lasceremo solo neanche questa volta.  Ci auguriamo che tutti, ma proprio tutti, a cominciare dai volti noti e notissimi, vorranno spendere la loro autorevolezza per impedire questa porcheria e per costruire una muraglia di solidarietà attiva attorno a Mazzetti, alla trasmissione, a e chiunque altro sarà messo nel mirino dei cecchini di turno. Prima che facciano altre vittime sarà davvero il caso di rompere gli indugi e di cominciare a levare le armi alle “ultime raffiche di Salò e di Viale Mazzini”.

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