Giulio Andreotti è leggermente più giovane di Erich Priebke. Il boia delle Ardeatine, 97 anni, è agli arresti domiciliari a Roma, in via Panisperna. Andreotti, quasi 92 anni, è agli arresti domiciliari a un chilometro di distanza, in Corso Vittorio Emanuele, condannato non dalla giustizia ma dall’età. Un suo parente ha raccontato in tv che la sua occupazione principale è il Gratta e Vinci. I nipoti sanno di farlo felice portandogli pacchi di tagliandi. Lui sorride e gratta.

Ogni tanto lo trasportano in uno studio televisivo. Lui parla con la lucidità del giocatore 92 enne di Gratta e Vinci. Dice quello che per tutta la vita ha saputo tacere. Dice che l’avvocato Ambrosoli se l’è cercata. Scoop. L’intervistatore capisce di avere la notizia. Allunga l’anticipazione al Corriere della Sera. Scoop. Correte bambini, stasera in tv c’è Andreotti che infierisce sul cadavere di Ambrosoli. Ed è subito polemica! E siccome le parole sono peggio delle pietre, chissà quanti adesso pensano che forse Andreotti non ha tutti i torti.

La cosa più amara è il dolore gratuitamente inferto ai figli di Giorgio Ambrosoli: non ci dev’essere niente di peggio che sentirsi dire che se l’era andata a cercare. E siccome la parole sono peggio delle pietre, feriscono anche se dette da un vecchio in deficit di lucidità. Ma siamo sicuri che se la debbano prendere con Andreotti? La vera oscenità non sta invece nell’approfittare dell’evidente mancanza di autocrontrollo di un vecchio per fargli dire l’indicibile? Che senso giornalistico ha? Dov’è la notizia? Non era più giusto e più umano, per Ambrosoli e per Andreotti, per la vittima e per il carnefice, cancellare e dimenticare quella voce dal sen fuggita? C’era bisogno di aspettare, ancora prima della messa in onda, lo spettacolo umiliante del povero vecchio che chiede scusa, ammettendo di non avere più un pieno controllo dell’eloquio? Figuriamoci. Questa è pornografia di pregio. Potrebbe diventare un filone. Potremmo vedere le telecamere in agguato, pronte a cogliere il marasma senile di un brigatista rosso, sentirlo dire che in fondo anche Guido Rossa se l’era cercata. E i cinque poliziotti della scorta di via Fani? Anche loro, a pensarci bene…

C’è un’altra cosa ripugnante in questa vicenda. Quando Amborosoli fu ucciso, nel luglio del ’79, Andreotti (noto amico di Sindona, che aveva definito “salvatore della lira”) era a capo del governo italiano, il governo di “solidarietà” nazionale. Già allora c’erano tutti gli elementi per capire che tra lui e la solidarietà non c’era nesso. Ma solo adesso, approfittando della sua debolezza di vecchio, si organizza l’osceno spettacolo del coming out, per consentire a tutti i vigliacchi (quando era potente tacevano impauriti e gli votavano la fiducia, astuti e lungimiranti, mentre Ambrosoli si faceva ammazzare per un futile puntiglio di onestà) di fare i coraggiosi adesso che Andreotti è  inoffensivo. E fanno a gara per tirargli le noccioline e indignarsi, scoprendo solo oggi, dopo 31 anni, che il Divo Giulio è quello che è sempre stato.