La Fiat non li vuole, né a Melfi né in qualsiasi altro stabilimento. E così gli operai dello stabilimento lucano, licenziati, reintegrati dal giudice ma non ammessi al proprio posto lavoro dall’azienda in attesa del ricorso presentato a un nuovo giudice, non possono nemmeno fare quell’attività sindacale che pure la Fiat aveva garantito loro quando aveva messo a disposizione la saletta dello stabilimento di Melfi al posto della linea di montaggio.

La Fiom abruzzese aveva infatti deciso di svolgere un’attività di solidarietà sindacale invitando due dei tre operai licenziati a Melfi, Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte, a partecipare a un’assemblea operaia nello stabilimento della Sevel di Atessa (dove la Fiat produce il Fiat Ducato) in programma per oggi. A rafforzare il ruolo sindacale degli operai licenziati a Melfi, il Comitato centrale della Fiom, che si è tenuto ieri a Roma, li ha cooptati nell’organismo dirigente. Ma tutto ciò non è bastato alla Fiat per dare il permesso al loro ingresso in fabbrica. Anzi, la richiesta della Fiom-Cgil di Chieti è stata definita «in contrasto con le vigenti disposizioni di legge e di contratto in materia di partecipazione di esterni alle assemblee sindacali retribuite». Giovanni Barozzino, che oggi si trovava a Roma alla riunione nazionale della Fiom continua a restare amareggiato della vicenda ma anche non sorpreso. E’ chiaro ormai che la sua storia e quella dei suoi due compagni sta assumendo un valore simbolico che va oltre i fatti contestati ai tre lavoratori – aver bloccato un carrello di linea durante lo sciopero aziendale. «E’ chiaro che la Fiat terrà duro e impedirà il nostro rientro in fabbrica in ogni modo, facendo ricorso su ricorso se il tribunale continuerà a darci ragione come ha fatto finora». I tre operai, infatti, licenziati lo scorso 15 luglio sono stati reintegrati dal giudice del lavoro il 9 agosto con sentenza che avrebbe dovuto essere operativa il 23 agosto. Nel frattempo, però, la Fiat ha presentato ricorso contro la sentenza e in attesa di un nuovo verdetto ha negato ai lavoratori la possibilità di rioccupare la propria postazione anche se continua a pagare loro le retribuzioni dovute. «Si è rotto il necessario rapporto di fiducia con lavoratori che hanno messo in essere atti lesivi dell’azienda» è la spiegazione che ha fornito il Lingotto e che è sempre stata contestata da dei lavoratori che rivendicano la loro serietà e lealta aziendale anche se non vogliono smettere di lottare per dei diritti.

Barozzino e Lamorte, però, oggi saranno lo stesso davanti allo stabilimento Sevel e insieme a loro ci sarà il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. E non sarà l’unica iniziativa per uscire dall’isolamento. La Fiom ha infatti organizzato una “carovana” tra gli stabilimenti Fiat del sud Italia che partirà lunedì dallo stabilimento Sofim di Foggia dove la Fiat produce macchine agricole e industriali per poi spostarsi a Cassino, in provincia di Frosinone, dove c’è lo stabilimento in cui si produce l’Alfa Romeo Giulietta, Pomigliano d’Arco e infine a Roma con manifestazione davanti a Montecitorio. L’appuntamento clou di questo mese si terrà poi di nuovo il 21 settembre, a Melfi, quando ci sarà un presidio straordinario davanti alla fabbrica. Per quella giornata, infatti, il giudice del lavoro autore della sentenza di reintegro ha deciso di riconvocare le parti per spiegare il senso della sua decisione. Gli operai sperano che in quella sede possa essere ribadita la necessità di procedere all’ingresso in linea di montaggio e quindi al proprio posto di lavoro. Ma probabilmente si tratterà di un tentativo di riportare questa vicenda a una ragionevolezza che finora sembra non aver avuto.

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