Cari giudici, per favore, abolite dal vostro vocabolario il sostantivo «emozione» e il verbo «emozionare»: mi emoziona, non mi emoziona, è stata una grande emozione. E anche quell’altro verbo, più subdolo, «arrivare», declinato solitamente in forma riflessiva: mi sei arrivato, non mi sei arrivato. Tutti usati al posto di un banale ma più appropriato: bravo, bene, male, mi piaci, hai fatto schifo.

D’accordo, sono solo canzonette, è solo X Factor, il talent show che – mi autodenuncio pubblicamente – ho seguito martedì sera fra uno sbadiglio e l’altro. Non ci fosse stato Elio, ottimo musicista e geniale entertainer lontano mille miglia dai luoghi comuni sia quando canta sia quando parla, non avrei nemmeno accesso la tv. Invece ho ceduto, incappando in una serie di casi umani (il ragazzo balbuziente, la coppia omosessuale, la ragazza in cerca del padre) e poca musica.

Tutto da copione, per carità. Come da copione è, appunto, quell’insopportabile prevalenza del ragionar di pancia introdotto a suo tempo da Simona Ventura e cavalcato, oggi, dalla sua tarda epigone Annamaria Tatangelo (ma in parte anche da Ruggeri e, talvolta, perfino dalla Maionchi): se non so che dire, basta la parola, «emozione», e io speriamo che me la cavo.

Non so per quanto riuscirà, Elio, a tenere a freno la lingua e, soprattutto, l’irresistibile voglia di parodia che è in lui. Chissà come turbina il suo cervello mentre ascolta le dissertazioni della Tatangelo, una che «ha 23 anni ma ne dimostra 37» e della quale, ha detto, «non ascolterò mai le canzoni né avrò mai un disco in casa, e altrettanto farà lei». Noi, intanto, possiamo consolarci riguardando la sua impareggiabile cover di «Il mio amico», la sciagurata canzone «sul problema dell’omosessualità» (parole sue) che Tatangelo portò al Festival di Sanremo del 2008 ispirata, pare, dal suo coiffeur:

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