Della Vedova: boicottato per le mie posizioni sul fine-vita. e poi parlano di democrazia nel partito…

di Marco Palombi

Cos’è il PdL? Per Gianfranco Fini non è una caserma, per Silvio Berlusconi il regno dell’ “anarchia etica” (senza ironia), un partito in cui ogni nuance dell’animo umano trova posto e rappresentanza. Benedetto Della Vedova, però, potrebbe agevolmente raccontare altro: ex radicale, oggi deputato – “un’intelligenza al servizio del diavolo”, giusta una battuta di D’Alema – da un anno non ha smesso di essere una voce limpidamente laica in seno al centrodestra. Fin da quando, Eluana Englaro ancora agonizzava in Friuli, si piazzò quasi da solo davanti a palazzo Chigi per protestare contro il decreto con cui il Cavaliere intendeva “salvare” la figlia di Beppino.

Accade che ora, un anno dopo, nel partito anarchico e che non è una caserma, che a Della Vedova venga impedito di votare secondo coscienza sul ddl Calabrò, il testo sul fine vita che intende impedire ad ogni costo, un nuovo caso Englaro. I fatti. A luglio la legge sul testamento biologico viene incardinata a Montecitorio. Da quel momento il nostro, pur non essendo membro della commissione Affari sociali, comincia a partecipare a tutte le sedute. Usa così: siccome il plenum dei membri di diritto non c’è quasi mai, chi è interessato può partecipare come sostituto indicato dal gruppo di appartenenza. Della Vedova è sempre lì: presenta emendamenti, partecipa alle discussioni e vota, vota decine di volte. La sua tesi è che si debba arrivare ad una soft law, una legge che non metta troppi paletti alla vita delle persone e lasci la decisione alla dialettica tra pazienti, famiglie e medici. “Avevo anche chiesto che la mia sostituzione diventasse permanente – racconta – perché ci sono colleghi che per vari motivi non vengono mai. Non mi hanno risposto”. Poi, a fine gennaio, si passa a discutere l’articolo 3, quello che certifica che alimentazione e idratazione sono “sostegni vitali” per il paziente e quindi non possono essere sospesi. Improvvisamente la presenza del collega laico, o laicista per chi preferisce, non è più gradita. Meglio cambiare sostituti, magari acchiappando qualche deputato-passante previo solito, vorticoso giro di telefonate. Missione compiuta, ma con risultati, per così dire, bizzarri: “La prima volta tra i chiamati dell’ultimo minuto c’era pure Flavia Perina, che poi ha votato esattamente come avrei fatto io. Comunque oramai non voto nemmeno quando non c’è il plenum”. Anche la Perina, in ogni caso, è finita sulla lista dei cattivi. Tutte preoccupazioni inutili, peraltro: la maggioranza sul testamento biologico è blindata visto, grazie anche ai voti dell’Udc. I pasdaran della vita, però, non conoscono mezze misure: al dissenso interno va negato anche il diritto di tribuna.

Ancora Della Vedova: “Quando presentai un emendamento firmato da 50 deputati del PdL, s’innescò un fuoco di fila di telefonate ai colleghi per costringerli a ritirare la firma. Siamo ancora in 34 comunque”. Alla fine, il mite Della Vedova s’è deciso anche a scrivere al capogruppo Cicchitto per chiedergli: che ne pensi di quel che sta succedendo? Nessuna risposta. “È singolare che questo avvenga riguardo ad un provvedimento su cui il partito predica la ‘libertà di coscienza’ e contro una posizione che, dal presidente della Camera Fini in giù, è presente nel gruppo parlamentare e, secondo me, maggioritaria nel nostro elettorato. Non mi piace l’idea che il PdL sia una falange armata monoetica in cui la minoranza è tollerata ma se non parla è meglio”. In realtà parlare può parlare, va riconosciuto, l’importante è che non voti.

da Il Fatto Quotidiano dell’11 febbraio 2010

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